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Il manifesto rappresentativo della 77^ edizione della Festa della Repubblica contiene, oltre al tricolore emblema della nostra nazione, la frase: “L’Italia siamo noi”.

Potrebbe sembrare una frase banale o il refrain di una nota canzone degli anni ’90, ma così non è.

È invece un’esortazione a comprendere l’importanza ed il senso di una festa, che non è nel cuore degli italiani se non quando favorisce un “ponte” al mare o in montagna.

Senza dubbio il 2 giugno del 1946, data del referendum con cui gli italiani hanno scelto la repubblica a scapito della monarchia, rappresenta un momento divisivo, ma proprio la scelta repubblicana è risultata alla fine la più efficace a riconciliare e unire gli italiani, qualunque fosse il loro pensiero o schieramento.

Il Presidente Mattarella bene dice quando afferma che “Il patto di cittadinanza, posto a fondamento della Repubblica, ha sollecitato responsabilità condivise e ci ha reso partecipi dei beni comuni così come delle comuni difficoltà.”.

Oggi tale condivisione di responsabilità sembra essere venuta a mancare. Una esasperata conflittualità politica tra il Governo e le forze di opposizione ha fatto perdere di vista l’obiettivo comune di difendere tutti insieme la Repubblica, l’amore verso la quale è un valore che deve accomunare a prescindere dalle divergenze e differenze ideologiche.

E proprio attraverso il confronto tra culture diverse che la nostra Repubblica è cresciuta. I nostri padri costituenti, dall’alto della loro saggezza, hanno capito quanto fosse utile e importante cogliere le idee migliori anche di coloro che, in quel momento storico, venivano identificati come avversari. Purtroppo, questo non è compreso da chi oggi ancora si ammanta di una presunta “superiorità morale”.

Chi è oggi al Governo della Nazione si faccia promotore non di una pacificazione, termine abusato e anacronistico, ma della costruzione di un comune senso di appartenenza alla Repubblica pur nella consapevolezza delle rispettive diversità.

E il 2 giugno sia la Festa del sentirsi italiani.