contenuto a cura di
Valentina Marsella
altri articoli

In “Delitto e castigo” Dostoevskij racconta il sogno del suo personaggio che appare come una macchina del tempo proiettata ai nostri giorni. Una radiocronaca quanto mai attuale dei giorni del Covid. Raskol’nikov nel corso di una malattia sogna infatti una pestilenza di dimensioni planetarie: tutto il mondo è condannato a rimanere vittima di una epidemia terribile, mai sentita e mai vista, che dal fondo dell’Asia avanza verso l’Europa. Compaiono certe trichine sconosciute, esseri microscopici che si infiltrano nel corpo umano. Ma questi esseri sono spiriti, dotati di intelligenza e volontà. Gli uomini che li lasciano penetrare nel loro corpo diventano subito indemoniati e pazzi. Ognuno pensa di essere il solo a possedere la verità, e non si mette d’accordo con gli altri nel giudicare il bene e il male. Gli uomini si uccidono fra loro in una specie di furore insensato. Si preparano a marciare gli uni contro gli altri con intere armate, ma queste armate, quando sono già in cammino, a un tratto cominciano a dilaniarsi per conto loro, le file si scompaginano, i combattenti si scagliano l’uno contro l’altro. Cominciano allora a scoppiare molti incendi, comincia la carestia.

Un racconto agghiacciante terribilmente attuale racchiuso in una brillante analisi di Francisco Mele, psicoterapeuta, criminologo, docente in diverse università italiane e latinoamericane, e anche successore di Jorge Mario Bergoglio come professore di psicologia al Collegio universitario del Salvador di Buenos Aires, uno dei centri di formazione della classe dirigente argentina gestito dai gesuiti. In “Uccidere la guerra con la parola” lo studioso Italo-argentino arricchisce il dibattito sulle origini, le cause e gli effetti della pandemia di originali riflessioni. Prima tra tutte, il mutamento della nostra esistenza da un punto di vista morale, sociale ed economico.

L’attraversamento della pandemia – sottolinea Mele – ha messo in discussione le nostre convinzioni riguardanti i diversi piani dell’esistenza all’interno della comunità, nel mondo del lavoro, nella nostra famiglia e soprattutto nel rapporto con gli amici. Nei tempi di turbolenza vengono ridisegnati i gesti, i simboli, e i significati delle stesse parole. Addirittura, è cambiato l’atteggiamento nei confronti del nemico in piena crisi pandemica, in quanto ciascuno di noi avrebbe desiderato che il nemico fosse sano. Molti degli incidenti avvenuti in questo periodo, come l’aumento delle esplosioni di violenza all’interno delle famiglie, sono anche da collegare alla turbolenza che ha travolto la nostra percezione di essere nel mondo. La nostra categoria è stata messa a dura prova in quanto il terapeuta deve essere in grado di aiutare l’altro a sopportare l’angoscia, la paura, la rabbia quando lo stesso medico si trova a dover affrontare le proprie difficoltà”.

Parlando di simboli, a proposito, lo studioso argentino cita il Caduceo di Macrobio, ossia la verga con due serpenti simmetricamente intrecciati e due ali aperte alla sommità. Il simbolo della medicina e della farmacia, che “evoca questioni che possono dar conto di una situazione paradossale che è quella che stiamo vivendo. Dal serpente si ottiene il veleno, ma dallo stesso serpente si ricava l’antidoto. Il medico preparato per aiutare le persone a vivere – rileva Mele – è diventato nella crisi più acuta impotente a combattere e a vincere un nemico insidioso. Lo stesso medico viene colpito dalla malattia e inconsapevolmente lui stesso è diventato talvolta portatore di morte. L’ospedale considerato come luogo eccellente della cura si è rivelato sovente un centro pericoloso per i malati. La morte di medici e infermieri ha lasciato una traccia di dolore e di angoscia in tutta la popolazione. Il sentimento più straziante da parte del personale medico e infermieristico è quello dell’ineluttabilità di certe azioni portate avanti in una forma inconsapevole che ha colpito le persone in cura. Il senso di colpa non sarà facile da elaborare, unito anche ad altre decisioni che si è dovuto prendere nei momenti più difficili quando si è dovuto scegliere chi curare e chi lasciare da parte. Quando l’angoscia non è più soltanto un sentimento che coinvolge una sola persona, ma l’intera comunità, si deve affrontare con nuovi strumenti che partono dalla lettura secondo la psicologia sociale. In realtà non esiste una psicologia che si riduce allo studio e alla cura di una persona che non sia interpersonale. Cambia la funzione del terapeuta in quanto non si pone come il guaritore di un malato bensì in una funzione che ricorda il lavoro di coloro che costruiscono dei ponteggi che sono utili al progetto di costruzione o di ricostruzione del Sé interpersonale. Perché ciascuno dovrà partire dalla propria realtà, riprogettare l’esistenza scegliendo le parti da lasciare e quelle da inserire nella ricostruzione. Il ‘ponteggio’ viene poi ritirato quando la persona diventa autonoma.

Lo psicoterapeuta e criminologo italo- argentino fa un ulteriore salto nella riflessione, associando il Covid e la guerra tra Russia e Ucraina scoppiata nei mesi successivi. “Nel saggio ‘Immunità comune’ di Roberto Esposito – spiega Mele – si parla della pandemia e dello scoppio della guerra come una storia che si ripete dalla seconda metà del diciottesimo secolo.  Ossia quando Edward Jenner scopre il vaccino del vaiolo in Gran Bretagna e un secolo dopo la dimostrazione dei batteri da parte di Pasteur in Francia, e le scoperte di Koch in Germania preludono una rivalità. Addirittura, si potrebbe parlare già di guerre fra le case farmaceutiche, i laboratori, gli scienziati, alimentata dall’orgoglio nazionale delle potenze di allora. In questo interregno non dobbiamo dimenticare un eroe della guerra microbiologica, il medico ungherese Ignaz Semmelweis che paga con la sua vita: si inocula il virus per dimostrare l’esistenza dei microbi contro le posizioni di coloro che non credevano in tali ‘animaletti’, perché non si vedevano. L’Italia non era rimasta indietro attraverso altri scienziati precursori della grande medicina, Lazzaro Spallanzani prima e poi il Premio Nobel Camillo Golgi. L’arsenale medico si veniva costruendo di pari passo con l’incremento dell’industria bellica; l’arsenale bellico non era meno redditizio perché si trattava sempre di combattere il nemico invisibile, batteri allora e virus dopo, e dall’altra parte nemici visibili che si nascondevano nelle trincee. Questa escalation ha avuto il suo massimo ‘splendore’ quando scoppiò la Prima guerra mondiale dalla Belle époque; siamo in poco tempo franati in una guerra con immagini della lotta corpo a corpo fra soldati. Ebbene, dopo poco più di un secolo si ripete qualcosa di simile, la pandemia, e quindi la lotta delle case farmaceutiche per trovare e vendere quindi il rispettivo vaccino. Il Covid ha creato la rivalità fra Astrazeneca, Pfizer, Moderna, Spunik, Biotech, ed è svanita la speranza del vaccino italiano, il ReiThera che avrebbe portato il nostro Paese al tavolo dei negoziati“.

La conclusione di Mele è affidata ancora una volta al sogno di Raskol’nikov: “Seguendo quell’esperienza onirica e premonitrice immagino anch’io un tempo futuro in cui la terra sia risanata. Un gruppo di pecore pascola tranquillamente in una specie di giardino biblico primordiale. Ci sono vicini i lupi che convivono anche con i leoni e altre fiere selvatiche. La natura è rigogliosa e il clima pulito come mai visto, i ghiacciai si sono ripresi. Ancora oggi, se in questo futuro si può ancora parlare di un oggi, si trovano dei resti di qualche imperatore illuminato, o un faraone o generale greco come Alessandro Magno che aveva avuto come maestro e terapeuta Aristotele. Ma come mai con tutta la cultura, la filosofia e poi la psicologia, la follia della guerra si accende e contagia tutti senza eccezione ?”.