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Da ultimo è toccato a Elly: era stata accolta come la soluzione di tutti i problemi, ma a distanza di pochi mesi si parla già di una successione. Leader bocciata senza appello. Il caso Schlein ci fornisce lo spunto per una riflessione sulla fast politics e la debolezza dei partiti e dei loro leader.

Fino ai primi anni ’90 il sistema politico italiano si presentava stabile e solido. Tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ’90 una serie di eventi causano l’implosione del sistema partitico tradizionale e con essa l’inizio di una nuova fase della politica italiana. Infine, con le elezioni politiche del 2013, caratterizzate dal largo e inaspettato successo del Movimento Cinquestelle, il sistema italiano muta profondamente.

Inoltre, l’evoluzione della società, in veloce e liquida, non poteva non avere ripercussioni anche sulla politica e sullo stesso funzionamento della nostra democrazia. Con una società che fagocita modelli e idee a ritmi sempre più veloci a farne le spese sono anche i partiti e i loro leader.

Ma la maggiore responsabilità di un sistema politico divenuto debole e basato sulle followership più che sulle leadership, con leader che non guidano ma sono guidati, è proprio di quella classe dirigente che ha deciso di seguire la volubilità e la liquidità dell’opinione pubblica, soprattutto social.

Si è infatti ritenuto di trasformare la politica in marketing, trattando leader e partiti come brand. Operazioni finalizzate ad ottenere visibilità ed attenzione tout court, prediligendo l’immagine del candidato e la sua personalità a scapito di contenuti e idee. Mentre un tempo la politica arruolava intellettuali e ideologi, oggi si è alla ricerca di comunicatori e curatori d’immagine, per non parlare degli armocromisti. Le posizioni sui temi politici rilevanti sono sempre meno caratterizzate ideologicamente, sicuramente più pragmatiche, ma questa omogeneità tra i diversi partiti ha l’effetto di far sembrare tutti uguali e quindi facilmente interscambiabili.

Diceva Alexis de Tocqueville che “I partiti sono un male inerente ai governi liberi, ma non hanno in tutti i tempi lo stesso carattere e gli stessi istinti”. Ed è una verità, che presuppone però che il partito debba ancora continuare ad esistere con una funzione di mediazione sociale fra cittadini e istituzioni con programmi e idee chiare ed espresse in modo netto.

Ed è proprio su questo terreno che Giorgia Meloni ha marcato quella differenza che l’ha portata oggi al governo della nazione. L’attuale premier, in modo talvolta eccessivamente rude, ha fornito agli elettori una mappa leggibile del suo modello di governo, del suo modo di relazionarsi con gli interessi e le esigenze degli italiani, rappresentando un disegno politico che coniuga l’ambito dei valori con il mondo dell’operatività.

Da Itaca Digitale parte un appello ai leader ad essere sé stessi, ad agire per la difesa e l’affermazione delle proprie idee e i loro valori che devono essere necessariamente diversi gli uni dagli altri.

Come diceva il personaggio di Antonio Capuano nel capolavoro cinematografico È stata la mano di Dio: “A me piace il conflitto, hai capito guaglio’. Senza conflitto non si progredisce.”