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Già al momento della sua nomina a Guardasigilli, Carlo Nordio ha stimolato il dibattito, mai sopito, tra giustizialisti e garantisti. Molto hanno fatto discutere le sue dichiarazioni sulle modifiche dello strumento delle intercettazioni, ma soprattutto le sue considerazioni relative alla inutilità delle stesse.
Io non voglio entrare nel merito del dibattito tecnico giuridico né valutare la giustezza o l’opportunità di tali modifiche legislative, ma voglio cogliere l’occasione per interrogarmi sulla contrapposizione tra giustizialismo e garantismo.
Infatti, avendo esercitato per un lungo periodo della mia vita la professione di avvocato, ricordo che un mio maestro mi rimproverava sempre quando utilizzavo dei termini giuridici senza interrogarmi a fondo sul loro significato e soprattutto se avessero un vero significato.
So bene che la contrapposizione tra giustizialismo e garantismo, tra il primato della potestà punitiva dello Stato e il primato delle garanzie e dei diritti individuali, ha caratterizzato tutta la storia del pensiero giuridico moderno. Ma ritengo utile mettere da parte le correnti di pensiero che si indentificano con questi due termini ed analizzarli scevro da pregiudizi, quasi soffermandomi solo sull’aspetto semantico degli stessi.
Giustizia e garanzia sono due concetti che, a mio avviso, in un sistema penale non possono essere antitetici ma devono necessariamente coesistere e bilanciarsi.
D’altro canto, in una estrema semplificazione, possiamo dire che il garantismo non può che significare pedissequo rispetto delle regole, ma anche che il giustizialismo è un’applicazione rigida della norma. E sia che si chieda ad un garantista che ad un giustizialista, entrambi risponderanno che il sistema penale deve ossequiare principi di legalità e tassatività.
Quindi garantismo e giustizialismo possono coesistere? O meglio, è possibile sacrificare il garantismo per un po’ di giustizialismo?
Certamente. Il garantismo, inteso come tutela dei diritti universali dell’uomo, è un valore universale ma non assoluto, perché deve comunque essere contemperato e bilanciato con altri interessi e valori costituzionalmente garantiti. Vi sono quindi dei casi in cui il garantismo deve essere sacrificato nella sua accezione più piena per dare adeguata tutela ad altri valori in gioco.
Poi, vi sono dei casi in cui sono altri i valori o i diritti che devono essere, in parte, sacrificati a favore del garantismo, come nel caso del diritto di cronaca. È infatti opinione diffusa che talvolta gli indagati vengano “processati mediaticamente” in spregio alle garanzie e ai principi del nostro sistema penale, primo fra tutti la presunzione di non colpevolezza. Sacrosanto è il diritto del modo dell’informazione a comunicare al pubblico notizie e commenti sui procedimenti penali in qualsiasi fase siano, ma dei limiti sono necessari al fine di tutelare valori che meritano di essere salvaguardati quali la riservatezza e l’onore delle persone coinvolte.
“Si può essere né garantisti, né giustizialisti? Certo che no. Se poi si è giuristi, è come bestemmiare, o almeno dire parole senza senso” intimava in suo scritto l’avvocato Caiazza, presidente dell’Unione Camere Penali Italiane.
Ineccepibile, forse. Io invece da Itaca Digitale voglio lanciare una provocazione nell’interesse superiore del dibattito sulla giustizia: basta contrapporre giustizialismo e garantismo.
Si tratta di due categorie di cui ormai si abusa strumentalmente e che impediscono un confronto sereno e costruttivo su una necessaria riforma della giustizia penale.
Non deve esistere una applicazione giustizialista o garantista della legge: la legge o si applica o non si applica.