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A distanza di qualche settimana dal botta e risposta fra il presidente del Consiglio Giorgia Meloni e l’onorevole Riccardo Magi in occasione della “Giornata mondiale contro le droghe”, di seguito una riflessione di carattere personale e per nulla scientifica sul tema della legalizzazione delle “droghe leggere”.
Ma esistono delle “droghe leggere”? Secondo la Meloni no, perché “le droghe fanno male tutte, non esistono distinzioni, chi dice una cosa diversa dice una menzogna. Dire che ci sono droghe che possono essere usate è un inganno.”
Si tratta di una affermazione fondata scientificamente? Non è questo il piano che mi interessa ai fini di questa riflessione. Indipendentemente dalla condivisone o meno, dal punto di vista scientifico, della posizione assunta, il punto è se una posizione politica debba essere assunta. Io credo si. Credo che la posizione della premier sia dovuta in quanto chi governa deve avere un giudizio netto di valore su tale tema. Lo Stato non può assumere atteggiamenti agnostici o passivi rispetto a d un problema di così grande portata.
Il dibattito sul fenomeno della droga è caratterizzato da tante posizioni rispettabili e degne di considerazione, ma molte parziali e prive di un approccio al problema nei suoi molteplici aspetti. Chi propugna la tesi della legalizzazione lo fa in funzione di presunti diritti di libertà, ma come non dare ragione alla Meloni quando afferma: “io non riesco a capire come si faccia a considerare libertà qualcosa che ti rende schiavo”. Se non è schiavitù e comunque dipendenza.
Anche chi non ritiene che possa essere in gioco il valore della vita, deve comunque ammettere che l’utilizzo delle droghe abbia dei riflessi sull’integrità della persona nella propria comunità, e ciò non può essere ignorato. Se, infatti, al centro del ragionamento sulle droghe poniamo la persona e non la sostanza, a mio avviso, perdono di efficacia le argomentazioni a contrario o i cartelli ad effetto con scritto “cannabis non ci pensa lo stato ci pensa la mafia”.
E se poniamo al centro la persona dobbiamo necessariamente andare nelle comunità e farci raccontare da quei ragazzi le loro esperienze di vita. Dobbiamo parlare con i loro genitori e ascoltare drammi di madri e padri le cui famiglie sono state cambiate da esperienze mai più cancellate. Chiediamo a loro cosa pensino delle droghe, se ne esistono di buone ed utili e quali sono cattive e dannose.
Perché al di là dei giudizi e dei pregiudizi esistono le esperienze di vita dalle quali imparare sempre.