contenuto a cura di
Francesco Rossi
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Nell’immaginario collettivo dell’italiano figurato con pinne, fucile ed occhiali l’estate rappresenta da sempre quel periodo dell’anno in cui staccare la spina dal quotidiano mandando in ferie tutti i “cavi” ispidi che elettrizzano buona parte dei giorni bui e freddi invernali. Bollette, tasse, problemi sul lavoro lasciano spazio ai castelli di sabbia sulla spiaggia come prodromi di nuovi inizi sul viale dei sogni colorati d’azzurro. Tutto rimandato a settembre con l’autunno dipinto sulla tela della speranza, come il capolavoro di Van Gogh “Ramo di mandorlo in fiore”. Ma come spesso accade ci pensano le onde ad infrangere speranze e visioni oniriche, spezzando le ali dei voli pindarici pieni di fantasia più che di concretezza, riportando sulla terra realtà e ripristinando la solita routine. Nonostante ci si interroghi ancora su come uno scoglio possa arginare il mare. Anche l’estate in corso non si sta discostando molto dalla tradizione, anzi. Infatti, ai soliti giri di giostra si è unita l’ansia. L’eco-ansia, per l’esattezza. La nuova moda lanciata da Giorgia Vasaperna, una perfetta sconosciuta uscita fuori da una stampante 3d con la funzione control-alt-canc evidentemente inceppata, prevede fiumi di lacrime e piagnistei a causa dei cambiamenti climatici rei dei suoi stati di irrequietudine mentale. Incredibilmente e con la stessa velocità di contagio di uno sbadiglio alle 3 del mattino dopo una serata di liscio alla festa padronale del paese, anche l’echo anxiety ha prontamente fatto dei proseliti addirittura tra le fila governative. Si tratta del Ministro Gilberto Pichetto Fratin, sempre sul pezzo dei repentini “cambiamenti” di pensiero. Il Nostro eroe non ha resistito alle lacrime della giovane anima in pena lasciandosi andare ad un patimento liberatorio di solidarietà. “Avrei pianto anche io al suo posto, per questo motivo mi sono commosso”, si è giustificato così il titolare della transizione ecologica. Ci mancava solo il picchetto d’onore e la pantomima avrebbe avuto il degno finale.

Chissà invece se il ministro e la sua Pierrot, tra una lacrima e una pacca sulle spalle, hanno avuto il tempo di chiedersi di quale patologia soffre quel milione di italiani che, per colpa dei continui rialzi dei tassi della BCE, non riesce più a pagare il mutuo. La causa, invece, la conosciamo tutti: l’impennata dell’inflazione dovuta al conflitto in corso in Ucraina di cui il governo italiano è pienamente protagonista grazie ai continui aiuti sotto forma di armi che fino ad oggi sono costati 6 miliardi di euro, con una prospettiva di 10 entro dicembre. Se consideriamo il fatto che a Francoforte risiede la persona sbagliata al momento sbagliato ecco che lo scenario da preoccupante diventa tragico. Soprattutto perché la Lagarde non intende fare retromarcia sui suoi provvedimenti. Altri aumenti sono in arrivo.

In arrivo come certe esternazioni (non richieste) da parte del vicepresidente del Senato, il leghista Centinaio: “All’Europa abbiamo promesso riforme. Le promesse campate in aria le puoi fare in campagna elettorale. Ma quello che dici in Europa è VANGELO”. Tradotto: l’italiano è un popolo bue e qualsiasi cosa tu gli dica se la beve. Noi dobbiamo rendere conto solo all’Europa. Del destino degli italici idioti chissenefrega. Per la serie: Draghi, scansate. E che dire del “buon” Fassino? Pierino la peste si è presentato in Parlamento con tanto di cedolino, frignando come un bambino a cui è stata tolta la bicicletta. Motivo? 4800 euro al mese non rappresentano uno stipendio d’oro, e tutti gli attacchi su privilegi e vitalizi sono falsi ed ingiustificati. Falsa, come la sua arringa difensiva piena di omissioni e bugie. Un’uscita infelice e fuori luogo quella dell’ex sindaco di Torino, talmente infelice da essere riuscita a mettere d’accordo maggioranza e gran parte dell’opposizione democratica. Un dramma nel dramma. Ma come sosteneva Pirandello: Ogni fantasma, ogni creatura d’arte, per essere, deve avere il suo dramma, cioè un dramma di cui esso sia personaggio e per cui è personaggio. Il dramma è la ragion d’essere del personaggio; è la sua funzione vitale: necessaria per esistere.” E parlando di Piero Fassino l’accostamento con i fantasmi è quasi naturale.

Ma un’estate bollente per governo, e larga fetta di cittadini, non poteva certamente limitarsi solamente ai deliri di certi politici o ai problemi legati alle follie della BCE. Infatti, l’ultima settimana di luglio ha visto gran parte del sud Italia (Calabria e Sicilia in particolar modo) devastato dai soliti incendi, moltissimi dei quali di natura dolosa. Scene di ordinaria scriteriatezza che ciclicamente si ripetono da decenni senza che si riesca a estrarre dal cilindro la madre di tutte le soluzioni. Si narra che la mano dell’uomo sia attivata da un disegno criminale volto, probabilmente, a dimostrare la scarsa organizzazione e la carenza di organico del corpo Forestale. Ma, appunto, si tratta di leggende metropolitane e fino a prova contraria tali rimangono. Ciò che invece è realtà acclarata – oltre che preoccupante- è l’assoluta impotenza dello Stato di fronte a questo fenomeno. Uno spettatore non pagante, quasi rassegnato, fermo e immobile davanti ai binari della certezza in attesa che venga quel giorno, con la sola speranza che arrechi meno danni possibili, come unico scudo protettivo. Uno scudo di cartone contro i demoni travesti da piromani.   I più maligni e scafati potrebbero chiedersi perché durante il periodo Covid si mandavano i droni a caccia di corridori solitari sulle spiagge e di bistecche alla griglia sui terrazzi, mentre in questa circostanza nulla.

Dal fuoco di montagna al “fuoco” di piazza, il passo è breve. Questa volta ad alimentare l’incendio sociale sono gli stessi politici che negli anni scorsi annunciavano urbi et orbi la fine della povertà. Il pomo della discordia è il reddito di cittadinanza, vero e proprio cavallo di battaglia (e di Troia) dei Cinque stelle. I grillini ne hanno sempre fatto il provvedimento bandiera e legato gran parte della loro fortuna elettorale. Nato con lo scopo di aiutare chi faticava a mettere assieme il pranzo con la cena, e contestualmente agevolare la ricerca lavoro, quarantotto mesi dopo il fallimento è certificato dal cumulo di macerie che ha sepolto il decalogo delle buone intenzioni. Nessuno ha trovato un impiego (o voluto trovare) a parte i navigator. È aumentato il sommerso, con recettori che accettavano lavori in nero per non perdere il sussidio. Di contro si sono impennate le vendite dei divani diventati, giorno dopo giorno, il rifugio dorato nella dolce attesa del bonifico sudato meritato. Gente (per lo più adolescenti) che sul sofà, davanti alla tv, ha raggiunto la perfezione della propria mediocrità. Il RDC non ha funzionato perché è stato concesso senza una linea guida ben precisa. Sono persino arrivati dalla Romania per usufruire del regalo di Stato. Quattro anni e 25 miliardi dopo sta per calare il sipario su un provvedimento sbagliato, negativo, che ha quasi mandato per aria i conti del Paese. Sono già iniziati i tagli che termineranno entro dicembre. Com’era ampiamente prevedibile sono subito partite le proteste di piazza fomentate anche dai padri “nobili” del reddito. Piazze calde come Napoli e Palermo. A fare specie l’età media molto bassa dei contestatori, a conferma del fatto che il disagio non è solo sociale ma anche culturale. Ad una generazione già poco incline al lavoro andavano dati incentivi sotto forma di opportunità. Opportunità che il governo può creare solo ed esclusivamente di concerto con le imprese; bisogna mettere mani al sistema fiscale iniziando da una bella sforbiciata al cuneo fiscale, vero e proprio salasso per chi assume. Il compito dello Stato non è quello di trovare o creare lavoro, ma agevolare il sistema per fare ripartire la macchina parecchio ingolfata dopo anni di assistenzialismo selvaggio e fine a sé stesso ed una crisi causa pandemia. Ma i primi timidi segnali positivi già si intravedono: negli ultimi giorni si è registrata un’impennata per i lavori stagionali, con assunzioni in alberghi e ristoranti al sud e nelle grandi città. Una piccola tregua nell’attesa del prossimo autunno che si preannuncia tra i più “caldi” degli ultimi anni. Chi lo dice a Giorgia Vasaperna?