contenuto a cura di
Francesco Rossi
La connessione tra tifoserie calcistiche e vicende politiche è un incrocio congestionato di idee molto spesso in contrasto tra loro che rischia seriamente di mandare in corto circuito una convivenza per lo più forzata, abituata da sempre a viaggiare sui fili dell’alta tensione a causa di visioni diametralmente opposte. Ad attrarre queste due entità diverse è la calamita dell’ideologia più sfrenata.
Come il pendolo di Newton, oscilla tra le due anime di pensiero: ortodossia schematica versus battitori liberi. Ma è quando la questione ha lasciato i tavolini del Bar dello Sport per approdare direttamente nelle curve che la faccenda si è fatta maledettamente seria. Un salto nel vuoto con le ali di cartone che ha coinvolto quasi tutte le piazze calde del Vecchio Continente, non solo italiane. E l’atterraggio nei templi del pallone non è stato per nulla tenero.
Quasi equamente divise tra sinistra, destra, “fasciste” e “comuniste” non dovrebbero avere, almeno sulla carta, nessun punto in comune. Invece sorprendentemente qualcosa che li unisce, esiste: la questione palestinese. Un campo minato e scivoloso, entrato a gamba tesa e prepotentemente nelle attività degli ultras di mezza Europa. Prima a piccole dosi (qualche striscione pro-Palestina, qualche coro ma nulla di più), poi sempre più frequente, direttamente proporzionale all’escalation del conflitto in Terra Santa. Fino al suo punto più alto datato 7 ottobre 2023 giorno dell’attacco di Hamas e la dura reazione israeliana.
Capire le logiche per cui gran parte del tifo organizzato sia schierato in maniera compatta e decisa per la Palestina non è un’operazione semplice e di facciata. Per i puristi del marcio – quelli che “nelle curve si annidano ignoranza e razzismo” – è solo una questione legata alla figura degli ebrei in quanto tali e di conseguenza un attacco al sionismo. Ma è una teoria semplicistica e sbrigativa per poter essere archiviata alla voce “razzismo”, soprattutto ora che il fenomeno si è radicalizzato a macchia d’olio. Tanto d’aver messo in allarme le Federazioni di mezza Europa, preoccupate dall’escalation pro-Gaza.
Preoccupate per cosa? Per un possibile problema di sicurezza, con cellule dormienti che potrebbero infiltrarsi negli stadi, o per la solita propaganda filoamericana e filoccidentale? La consueta narrazione patinata di noiosa ciclicità ci racconta di come la Palestina sia solo Hamas, di come Israele (nel nome della democrazia) abbia tutto il diritto di trucidare donne e bambini “residenti” nell’inferno di Gaza. Così, se anche nella loro teoria computazionale dei numeri due più due fa sempre quattro, ecco che scatta automaticamente il gemellaggio tra i terroristi di Hamas ed i tifosi che osano inneggiare ad un atto di civiltà nei confronti dei palestinesi. Un po’ come la famosa lista di proscrizione che il Corriere della Sera stilò nei confronti di altri colleghi ritenuti filo putiniani solo perché non allineati.
Ma nonostante i timori ossessivi compulsivi del mondo istituzionale pallonaro difficilmente il corso degli eventi subirà sostanziali modifiche soprattutto dopo lo sdoganamento anche da parte di alcuni calciatori di peso. Infatti, in questa “tornata” la novità principale è rappresentata proprio dalla loro entrata in campo, un tunnel a gambe aperte al politicamente corretto in un terreno pieno zeppo di fango ideologico. Un tunnel che nessuno si aspettava, abituati come siamo al filo rosso dell’indottrinamento concettuale, che non accetta modifiche allo Statuto Albertino i cui principi sono scolpiti sulla pietra.
“Non è semplice parlare in tempi come questi in cui c’è troppa violenza e brutalità che spezza il cuore. Tutte le vite sono sacre e devono essere protette, ci sono famiglie che sono state divise. Ciò che è chiaro adesso è che gli aiuti umanitari devono essere permessi immediatamente. Le scene viste all’ospedale l’altra sera sono state orribili, la gente di Gaza ha bisogno di cibo, acqua e sostegno medico urgentemente. Parlo ai leader del mondo, unitevi ed evitate che accada tutto ciò. L’umanità deve prevalere”.
Un messaggio forte quello che Salah, tra i giocatori più forti al mondo, ha voluto dedicare al popolo palestinese. L’egiziano in forza al Liverpool non è nuovo a queste manifestazioni. Alcuni anni fa prima di un Basilea- Maccabi salutò gli avversari col pugnetto, senza stretta di mani. Per il momento nessuna presa di posizione nei suoi confronti sembra essere arrivata dalla dirigenza dei Reds, contrariamente a ciò che è successo al marocchino El Ghazi sospeso dal Mainz dopo il suo post.
In Germania, per ovvie ragioni storiche, l’argomento viaggia ancora sui binari dei nervi scoperti per cui si tende sempre ad evitare prese di posizioni nette e radicali da parte di personaggi pubblici. Accusato addirittura di “apologia del terrorismo” il difensore del Nizza Youcef Atal per aver condiviso un video del predicatore palestinese Mahmoud al-Hasanat che inneggiava all’odio antisemita.
La lista dei calciatori che ha deciso di metterci la faccia è lunga e presenta nomi di livello. Si va dal francese ed ex Real Benzema, ad Eric Cantona da anni impegnato in questa causa, a Demiral difensore con trascorsi in Italia. Ma anche Hachim Ziyech, oggi in forza al Galatasaray. L’ex Palermo Zahavi e tantissimi altri ancora. Così come alcune nazionali tra cui Marocco, Algeria e Bangladesh.
E poi loro, la parte “calda” del calcio. La tifoseria. Dai sostenitori del Celtic a quelli del Bohemians in Irlanda. Da Osasuna, San Sebastian e Siviglia in Liga. Vicinanza anche dall’Arabia: tra l’Ismaily l’Al Ahly fino al Club Africain. E poi l’Italia con le tifoserie di Livorno, Pisa e Cosenza. Ma in passato lo stadio “Olimpico” – da entrambe le sponde- era stato teatro di piccole iniziative.
L’impressione che si ha è quella di un fenomeno solidale destinato a crescere ancora. Se ne facciano una ragione tutti coloro che in questa battaglia di civiltà, intrapresa con decisione da una larga fetta del mondo dorato del calcio, nata dall’unione assolutamente spontanea di tifoserie e giocatori, ci vedono soltanto un pericolosissimo serpente a due teste pronto ad avvelenare i pozzi della ragione. La loro.