contenuto a cura di
Francesco Rossi
“Tre anni fa a Trieste, durante uno sciopero dei portuali, io ero a capo del servizio di ordine pubblico. La situazione era tranquilla, poi i manifestanti hanno cominciato ad aggredirci, e io ho ordinato la carica. Poi la situazione si è calmata, Frida era a terra, uccisa da un colpo violento alla testa. Il processo poi ha dimostrato che il colpo era stato inferto da uno dei dimostranti, ma per anni non si è mai rassegnato.”
Appare del tutto evidente come, oltre al dimostrante, non si sia nemmeno rassegnata la macchina del fango della mistificazione selvaggia e terroristica. Della menzogna dominante, diventata una sorta di gulag mentale permanente e spacciata consapevolmente per cronaca recitata davanti ad una cinepresa. Ma è una recita stonata, intrisa di malvagia faziosità.
Per capire meglio di cosa si parla bisogna riavvolgere la pellicola della discordia mettendo nel giusto ordine tutti i fotogrammi di questa ennesima scorrettezza firmata Rai. Il corsivo virgolettato è tratto da una scena della fiction Blanca, andata in onda sul primo canale. La puntata è in gran parte dedicata ai portuali di Trieste, ma non portuali qualunque: sono quelli del Molo 17. Quelli della protesta contro il green pass (come hanno osato ribellarsi?)la cui introduzione impediva loro di poter andare a lavorare. Sono i portuali capitanati da Stefano Puzzer. Siamo nell’inverno del 2022, la stagione degli orrori in cui dei parlamentari come Renato Brunetta auguravano e auspicavano torture fisiche per i dissidenti. Bene, anzi male, perché su come si siano svolti i fatti nel capoluogo giuliano non ci sono dubbi. Ma si sa che spesso e volentieri la manipolazione sociale va ben oltre l’immaginazione, perché la matricola abrasa dell’inganno deve essere scolpita nelle menti dei telespettatori, indottrinati intellettualmente sulla via del Culto catodico come verità assoluta.
Cosa ci racconta questo episodio di Blanca? Ci racconta che i dimostranti della protesta no green pass altro non erano che teppisti, hoolingans degli scontri, arrivati sul luogo di lavoro (il porto) armati e pericolosi. Armati di spranghe, pistole e soprattutto di brutte intenzioni tanto che, dopo avere scatenato un violento attacco contro le forze dell’ordine, sono passati all’omicidio uccidendo tal Frida. Violenti ed anche assassini.
Naturalmente le cose non solo non sono andate così, ma siamo addirittura al rovesciamento totale dei fatti. Come un’inversione ad “U” in autostrada il giorno di Ferragosto: brutale e incosciente. Ed anche tediosa. La storia vera andata in scena nel Molo 17 in quei drammatici giorni ci dice che ad essere aggrediti in modo violento e reiterato, da polizia e carabinieri, furono proprio i lavoratori. Seduti pacificamente per terra vennero presto raggiunti e investiti da getti di acqua gelata, raffiche di gas, manganellate e lacrimogeni. Presi a calci e spintoni affinché sgomberassero l’area. Una guerriglia urbana provocata da chi, ordine e sicurezza dovrebbe garantirli, guerriglia che non ha causato alcuna vittima come invece raccontato nella fiction.
Una svolta autoritaria che sconvolse non poco la stampa internazionale, contrariamente a quella italiana, che ignorò del tutto i fatti incresciosi. Per malafede? Probabile. Per ordini dall’alto? Anche. Ma ancora più probabile per quella forma di leccaculismo paranoico e morboso universalmente riconosciuta nei confronti dell’allora Premier italiano, Mario Draghi. Ordini evidentemente rimasti nei confini nazionali, che non hanno varcato le Alpi. Dalla Francia dove France 24 titola: “la polizia italiana usa idranti sui manifestati”, il tutto accompagnato dal fondo di cronaca. Al Regno Unito con la Reuters: “lunedì la polizia italiana ha usato cannoni ad acqua e gas lacrimogeni per liberare un sit – in al porto di Trieste”, con intervista di Stefano Puzzer a seguire. Notizie anche su Euronews e Afp. Un coro unanime di sconcerto misto a incredulità che ha scosso buona parte dell’opinione pubblica straniera, in cui da nessuna parte, in nessun articolo, si evincono e si rilevano azioni violente da parte dei manifestanti.
Al fronte di tutto ciò la televisione pubblica italiana, con un colpo di coda di revisionismo, degno del miglior scorpione in lotta contro un suricato, decide di riscrivere la storia a proprio piacimento stravolgendo letteralmente la realtà infangando e ledendo la dignità di tanti padri di famiglia, il cui unico e imperdonabile errore, è stato quello di difendere pacificamente il proprio lavoro e quindi il pane per i figli. Un atteggiamento ostile, incomprensibile, da parte di chi dovrebbe assicurare pluralismo e trasparenza senza farsi trascinare nel vortice delle fandonie tantriche, il cui singolare scopo è quello di influenzare ulteriormente l’opinione pubblica spingendola nella spirale infinita dell’indottrinamento unico con l’obiettivo di far scoprire il piacere e la responsabilità di sentirsi parte di una collettività, seppur fondata sul principio della slealtà intellettuale e culturale.
A dar manforte a questo schema tripallico si sono messi di mezzo anche i social il cui dilagante deturpamento spesso orrido non ha solo moltiplicato il rumore di fondo. Ha portato Blanca alla bruta semplificazione dei concetti, là dove non importa articolare un pensiero, verificare i fatti nella loro interezza, quanto materializzare un nemico. Banalizzare l’altro è necessario per insultarlo e insultarlo è indispensabile per darsi una statura, non avendone una. Non ne ha questa serie televisiva, incanalata sulla strada del qualunquismo. Non ne hanno i vertici di Viale Mazzini i quali, forse in preda ad un raptus di bullismo triviale, hanno pensato bene di aprire i rubinetti dell’indecenza pieni di acqua avvelenata dall’invenzione più becera, volgare e offensiva.
Più che servizio pubblico, mamma Rai ha confermato ancora una volta, di essere un servizio per una parte di pubblico. Quello fidelizzato ed abbondantemente folgorato sulla via del tarocco spacciato per oro colato. Un pubblico assolutista con la faccia da Pierrot. La grande stampa, invece? Misericors velum ducamus, dicevano i latini.