contenuto a cura di
Francesco Rossi
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La prima parte dell’inchiesta sulla violenza negli stadi italiani, ma in generale intorno al mondo del pallone
si era chiusa con la tragedia consumatasi su un treno di tifosi salernitani di ritorno dalla trasferta di Piacenza in cui perirono 4 appassionati granata. Purtroppo capita anche di farne le spese senza avere nulla a che fare con il calcio, basta avere la sfortuna di capitare al momento sbagliato sul convoglio sbagliato.

E’ quello che è successo a Salvatore Moschella il 30 gennaio del 1994. Siamo in Sicilia, sull’espresso Intercity Siracusa -Roma. Il ragazzo di origini siracusane si stava recando a Bologna da amici in cerca di lavoro ma ha la sfortuna di imbattersi in una quarantina di supporter messinesi di ritorno da una trasferta. La situazione precipita quasi subito a causa del loro comportamento esagitato e aggressivo nei confronto degli altri passeggeri. La tragedia si consuma tra Catania e Acireale, dopo ore di pestaggi e soprusi, Moschella nel
tentativo disperato di fuggire alla continua aggressione si getta finestrino ponendo fine alla sua vita.

Sicilia ancora protagonista in negativo, questa volta con gli ultras del Catania vittime in un caso e carnefici in altri due. Il primo episodio di sangue risale al 12 giugno del 1983 con i rossoblù ad un passo dal ritorno in serie
A. La vittima è Lorenzo Martino di 28 anni che verrà colpito a morte da un colpo di fucile sparato all’impazzata da Angelo Grasso direttamente dalla sua abitazione sottostante le tribune dello stadio. A generare la follia pare le ripetute e continue incivili provocazione cui era soggetto da anni da parte di alcuni tifosi della curva sud. Da sottolineare come la vittima fosse totalmente estranea ai fatti.

Otto anni dopo, esattamente il 17 giugno del 2001, la sciagura si sposta 90 km più a nord, Messina stadio Celeste dove è in programma il ritorno della finale playoff tra peloritani ed etnei per decretare il salto di categoria in B. Un derby per la verità poco sentito tra le due città (più coinvolte contro Reggina e Palermo), ma tanto basta per innescare il dramma: improvvisamente inizia un fitto lancio di oggetti tra le due fazioni, dalla tribunetta “Valeria” dove sono assiepati gli ospiti, parte una bomba carte diretta in curva nord la quale esplode fragorosamente davanti ad Antonino Currò, giovane tifoso messinese di 24 anni. La violenta esplosione non lascia scampo e dopo 15 giorni di rianimazioni subentrerà il decesso.

Ma è il 2 febbraio del 2007 che si registra una della pagine più nere in assoluto. Si gioca l’altro derby regionale tra il Catania ed il Palermo in serie a, uno dei più rischiosi in assoluto. E difatti quando giungono i palermitani (arrivati a secondo tempo inoltrato), scatto il finimondo. Una vera e propria guerriglia che i 1.200 agenti faticano a contenere. Succede di tutto; cariche, pestaggi, aggressioni, viene lanciato di tutto. In questo scenario da far west impazzito rimane coinvolto l’ispettore di polizia Filippo Raciti il quale, colpito gravemente al fegato, morirà
poco dopo al “Garibaldi” di Catania.

Ci sono poi scenari inimmaginabili dove rimetterci la vita per il calcio, come per esempio una discoteca. Come Luca Scio, di origini napoletane, accoltellato e ucciso da un gruppo di milanesi nella discoteca “Barcelona” di Rimini il 9 agosto del 1991. Il diverbio scatta proprio a causa della nota rivalità calcistica tra le due città. Stessa cosa è successa a Giuseppe Tomasetti il 2 dicembre del 1986 nel locale da ballo “Oxygen” di Centobuchi, località tra Ascoli e San Benedetto, molto frequentata da entrambe le tifoserie a loro volta separate da una acerrima rivalità scoppiata in tutta sua drammaticità quella sera. Il clima diventa subito pesante, volano stracci e sfottò che proseguono fuori alla chiusura del locale. La vittima verrà colpita da due coltellate nel tentativo di aiutare un amico aggredito. Morirà poco dopo.

Ancora Ascoli due anni più tardi, esattamente il 9 ottobre del 1988. Allo stadio locale si disputa la gara tra l’Ascoli e l’Inter, al termine della partita inizia una sassaiola dalla curva degli ultras ascolani verso gli interisti che si apprestano all’uscita. Scoppiano dei violenti tafferugli da cui ne esce malamente Nazzareno Filippini. Cranio sfasciato e morte che subentrerà una settimana dopo. Il 4 giugno del 1989 a perdere la vita è il tifoso romanista
Antonio De Falchi in trasferta a San Siro per la partita contro il Milan. “Sgamata” la sua romanità, viene accerchiato e massacrato da trenta ragazzi davanti l’ingresso 16 riservato ai tifosi ospiti. Atalanta -Roma del
10 gennaio 1993 è segnata da una tragedia che definire assurda è poco, soprattutto quando le due tifoserie
non c’entrano nulla. Succede che la celere di Padova (quel giorno di servizio a Bergamo), senza alcun motivo, inizia una carica nei confronti di alcuni tifosi di casa riunitisi come sempre nel baretto vicino lo stadio per una birra. Durante queste cariche si trova a passare da li per puro caso Celestino Colombi, appena uscito da una seduta dallo psicologo. Atterrito dalle minacce di tre poliziotti si accascia a terra colpito da un arresto cardiaco.

Ancora i milanisti protagonisti due anni dopo, il 29 gennaio 1995. C’è la trasferta di Genova contro i rossoblù, solitamente ostici. Il Milan non vince da tredici stagioni li. Da Milano parte anche Simone Barbaglia armato di coltello e brutte intenzioni. Fa parte della Brigata 2 rossonera e deve dimostrare ai grandi capi di essere uno di loro. Arrivato a Marassi zona stadio il gruppo di cui fa parte viene circondato e aggredito dai genoani, parte la rissa da cui improvvisamente appare Vincenzo Claudio Spagnolo ma le sue intenzioni sono pacifiche, vuole infatti disarmare il milanista. La colluttazione si trasforma in tragedia perché parte una fortissima coltellata allo stomaco, che gli squarcia l’addome e lo fa crollare a terra privo di sensi. Muore da li a qualche minuto.

Tra il 1997 ed il 1999 tre anni di sangue. Roberto Bani, bresciano in trasferta per seguire la Leonessa, perde la vita all’Arechi di Salerno dopo una lite interna tra loro. E’ il 4 maggio 1997. A togliere la vita, il 1 febbraio del 1998, è invece un infarto scaturito dagli scontri tra i tifosi del Treviso e del Cagliari. Infarto che l’anno seguente, il 24 gennaio del 1999 allo stadio “Picco” di La Spezia, risulta fatale anche per Maurizio Alberti già cardiopatico. Il suo cuore non ha retto ai violenti scontri tra gli spezzini e le forza dell’ordine. Il 20 settembre 2003 la tragedia si trasferisce al “Partenio” di Avellino dove torna, 16 anni dopo, il derby col Napoli. Nel settore ospiti giunge un migliaio di partenopei senza biglietti, scoppia una feroce parapiglia in cui si trova invischiato Sergio Ercolano. Nel cercare di sfuggire alle manganellate indiscriminate, e preso dal panico, si arrampica su una tettoia in
plexiglass che però non regge il peso crollando. L’impatto sarà fatale.