contenuto a cura di
Valentina Marsella
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Petronilla Corsaro, di origini siciliane, da oltre vent’anni vive in Brianza. Prima la laurea triennale in infermieristica, due master di primo livello in emergenza ospedaliera ed extra ospedaliera. Poi la laurea triennale in Scienze Tecniche Psicologiche e una laurea magistrale in Psicologia in arrivo. È Sartorialist di Eligo Milano, ossia una Consulente di Stile che oltre alle conoscenza tecniche di sartoria, attua le conoscenze pratiche della moda e dello stile. Ha conseguito un Master in management della moda e del lusso ed è vicedirettore della
rivista Amore World Magazine. È infine Art Director nel mondo delle sfilate, ma il suo sogno nel cassetto è far sfilare una collezione tutta sua.

D. Come nasce la figura di Sartorialist e di cosa si tratta nello specifico?

La parola Sartorialist unisce due figure, quella del sarto e quella del consulente d’immagine. È stata coniata nel 2016 quando è nata Eligo Milano, scaleup italiana che opera nell’ambito del settore dell’abbigliamento. Quando ho iniziato il mio percorso con loro ho messo in pratica questa fusione di professionalità, attraverso l’Accademy e nonostante le criticità della pandemia sono riuscita ad andare avanti.

D. Quali sono le qualità del Sartorialist perfetto?

Deve sapere ovviamente prendere le misure per realizzare l’abito sartoriale, conoscere i tessuti a 360 gradi, creare abbinamenti per uno stile personalizzato e accompagnare il cliente nella creazione dell’abito su misura. Non solo, il Sartorialist è anche psicologo e dunque crea lo stile che rappresenti a tutto tondo l’immagine della persona, sia in ambito lavorativo che nel quotidiano. In molti pensano che vestirsi bene sia solo un fatto
economico o voglia dire indossare abiti firmati. Non è così, tutti possono creare il proprio stile.

D. Dalla medicina alla moda e all’arte. È una passione che hai sempre avuto e che tenevi nel cassetto dei sogni?

Sono figlia d’arte. Nata a Marsala, mio padre era un abile sarto e ho vissuto la mia infanzia tra manichini, modelli e attrezzi del mestiere. Quella passione mi è rimasta dentro. Quando è morto volevo subito intraprendere gli studi per diventare stilista, ma le accademie di moda erano davvero costose. Così ho trovato un escamotage: prima di diventare Sartorialist ho intrapreso il percorso di infermieristica per avere un po’ di indipendenza economica e portare avanti le mie passioni. Ho sempre disegnato modelli, venduto figurini, realizzato qualche abito, circondata da bozzetti. Poi finalmente l’avventura con Eligo. Porto sempre con me una frase di mio padre che diceva che quando si tocca con mano un tessuto si utilizza non solo il tatto, ma anche la vista, l’olfatto e l’udito, perché la moda è un insieme di tutti i sensi. Chi ha a che fare con il fashion ha bisogno di un contatto diretto con il tessuto, deve sentirne la trama, la consistenza, la croccantezza.

D. Non semplice moda. L’abito che indossiamo, l’accessorio che fa la differenza o l’oggetto che decidiamo di farci rappresentare. Il Sartorialist studia i gusti, la psicologia e la personalità del cliente?

Si certo, bisogna creare un legame speciale con il cliente,. È un percorso che non avviene a freddo ma che richiede l’instaurarsi di una specie di complicità. La prima parola è fiducia: quando il cliente inizia a guardare al consulente come parte integrante della sua persona non lo molla più. Il Sartorialist per prima cosa insegna l’approccio a creare il proprio stile e diventa il fulcro con quel tocco e quel consiglio che solo lui può dare. Un altro elemento che insegniamo è l’armocromia: è il corpo che deve indossare l’abito e non il contrario.
Indossare con anima.

D. Sui social oggi imperversano influencer spesso improvvisati. Sono certamente figure diverse dal Sartorialist ma in qualche modo intralciano o appannano quel bagaglio di competenze che servono davvero per costruire un proprio stile?

Ci sono influencer che hanno studiato e conoscono la moda e dunque possono diventare consulenti di immagine. Ma in molti non lo sono e danno consigli fuorvianti e senza un filo conduttore. Passano dal pubblicizzare un prodotto da 5 euro a uno da 300, saltano da un prodotto alimentare ai viaggi, un autentico minestrone che non ha una sua coerenza e che può danneggiare l’immagine del cliente stesso. Ecco, bisogna affidarsi a mani esperte e se si ricorre ai social si deve essere sicuri di quella professionalità. Prima di tutto occorre capire come valorizzare le forme di un cliente, perché ognuno ha una sua fisicità. Infine, dobbiamo puntare a promuovere il Made in Italy, indirizzando le persone alla qualità.

D. Una professione in cui quale icona di stile ti ha ispirato?

Coco Chanel, Giorgio Armani e Gianni Versace. Sono i tre capisaldi che mi hanno ispirato e che ho sempre visto come punti di riferimento. Minimal ma di classe, dove è un semplice accessorio quel passepartout che fa la differenza. Chanel diceva ‘Prima di uscire di casa guardati allo specchio e togli qualcosa’, ossia tira via l’eccessivo. Per Armani l’eleganza “non è farsi notare ma farsi ricordare”. Ecco, la moda è fatta anche di arte e l’haute Coutur è proprio questo: non un semplice abito ma capolavori, pezzi da museo che resteranno nella storia e che si fanno ricordare.

D. Sono più gli uomini o le donne che si rivolgono a te per costruire la propria immagine? Qual è il target sociale economico e culturale?

Sono più gli uomini a richiedere una creazione sartoriale, perché rispetto alle donne sono disposti ad aspettare settimane prima di indossare il loro abito su misura. È un’attesa che si protrae per settimane che il mondo femminile è meno incline a sopportare. Rispetto alla clientela maschile le donne sono impazienti di indossare quel capo iconico e personalizzato creato per loro. Il target di chi si rivolge al Sartorialist è medio alto, soprattutto manager e imprenditori, perché pagare un consulente ha un costo che diventa più elevato se si utilizza questa figura in maniera duratura e non per una singola cerimonia o evento.

D. In Italia la figura dell’e-stylist sta prendendo piede, come è la situazione negli altri Paesi europei e Oltreoceano?

Come in molte altre tendenze, in Italia si è arrivati in ritardo rispetto alle grandi capitali europee, soprattutto Londra e Parigi, e agli Stati Uniti, dove la figura del consulente d’immagine ha preso piede da anni. Qui nonostante l’Italia sia la patria della moda e dell’arte la figura del Sartorialist stenta a svilupparsi in modo frequente, perché gli italiani hanno la tendenza a voler fare tutto da soli. Invece è giusto che ognuno abbia i propri ruoli e le proprie competenze. La moda ha bisogno di studio, di costante aggiornamento, di contribuire anche al principio della sostenibilità. Affidarsi a un consulente significa anche avere una vision anti-spreco, acquistare cose davvero utili, fare ordine nell’armadio scartando ciò che non serve e dare una seconda vita a capi importanti lasciati per troppo tempo rinchiusi in un cassetto.

D. La moda, lo stile, l’arte e la cultura. In una parola la bellezza. Nelle parole del filosofo bulgaro Cvetan Todorov “La bellezza salverà il mondo”. In un momento di crisi economica e sociale di portata globale resta un valore da conservare e da diffondere?

Si, la bellezza intesa come unicità e non come perfezione. Nessuno è perfetto e la bellezza è soggettiva, è quel dettaglio che fa la differenza. Io dico sempre ai miei clienti che un loro difetto deve essere un punto di orgoglio, perché significa unicità. La mia mission è cercare di trovare qualcosa che renda quel difetto il più armonioso possibile.