contenuto a cura di
Francesco Rossi
Sei, sette, otto e nove. Bim, bum, bam…bingo! Se state pensando di trovarvi in un casinò vi sbagliate di grosso più facile essere in un gran casino, scordatevi pure l’estrazione del Lotto, anche se l’idea di giocare questa sequenza numerica sulla ruota di Bruxelles il prossimo giugno non è poi così peregrina. Perché proprio il mese dei gemelli? Per il fatto che in quei giorni si svolgono le votazioni per il rinnovo del Parlamento europeo. Una data da cerchiare in rosso, perché per una serie di incastri armocromatici il rosso può diventare verde (speranza, non ambientalista) oppure, nella peggiore delle ipotesi, si può trasformare in nero con tendenze al buio totale. Si tratta della competizione elettorale più numerosa al mondo con oltre 400 milioni di abitanti aventi diritto di voto. Tutto viaggia su un filo sempre più sottile ogni giorno che passa, la cui tenuta del sistema cammina con l’equilibrio di uno sbronzo dopo due bottiglie di whisky. Elezioni spalmate in quattro giorni perché i 27 Paesi facenti parte dell’Unione-disunita non sono riusciti a trovare una data comune che andasse bene a tutti. Una votazione divisa in tranche, a rate, come l’acquisto di un costosissimo paia di scarpe, anche se visti i tassi attuali, converrebbe camminare scalzi.
Tutto già visto e rivisto in questi anni, una torre di Babele dove ognuno va per conto proprio con alcune rare eccezioni, come Francia e Germania. Sin da subito si è capito (praticamente dal cambio marco -euro rispetto a quello con la lira), quale sarebbe stato l’andazzo. È subito nato l’asse tra le due nazioni. Eppure, gli illuminati di italica matrice dell’epoca, dopo avere taroccato i conti pur di fare partecipare l’Italia al gran ballo delle debuttanti, (rivelatosi poi “Il valzer dei traditori”), hanno anche truccato e mascherato la realtà incipriandola di banalità, illuminando di rosa un futuro che si sarebbe rivelato l’esatto contrario, anche per via di quella forma di acquiescenza diventata totale cortigianeria col tempo. Negli anni il connubio tra Berlino e Parigi si è un sgretolato come pietra pomice (due galli nello stesso pollaio hanno breve vita), fino alla creazione di vere e proprie fazioni. Il grosso dei Paesi del nord contro i cosiddetti Paesi del Mediterraneo, visti da sempre come l’anello debole della catena. Una spaccatura evidente, resa ancora più ampia dalla fragilità di questi ultimi, vittime, oltre che della loro incapacità, anche dell’arroganza degli euro-burocrati la cui massima espressione è stata raggiunta con l’atto di nichilismo con cui la BCE di Draghi ha distrutto la Grecia. Una macelleria sociale che Mario Monti ha definito “il più grande successo dell’Ue”, il quale poi, da premier italiano, ha cercato di replicare con misure draconiane che a distanza di oltre dieci anni ancora mordono al sistema paese.
Nonostante manchino undici mesi alle urne, arco temporale che in politica alle volte è un’eternità, sono già iniziate le grandi manovre per l’appuntamento elettorale, forse più importante, da quando esiste l’Ue così come la conosciamo. Perché dalle ultime votazioni (2019) parecchie cose sono cambiate in giro per l’Europa. Dal punto di vista politico e sociale, con uno scenario completamente ribaltato. Perché sono in ballo parecchi interessi, all’interno di un quadro economico e geopolitico sempre più complesso in cui si tenta di azzerare tutte le democrazie ed i governi nazionali. Quattro anni fa spirava forte un vento di sinistra in quasi tutto il vecchio continente, con rare eccezioni rappresentate da Polonia e, soprattutto, Ungheria ancora saldamente in mano a governi sovranisti (coi fatti, non a parole). Emmanuel Macron e Angela Merkel erano all’apice del loro successo. Oggi il primo è a rischio concreto di sconfitta contro Marine Le Pen, mentre la seconda è in pensione da un paio di anni. Da pochi giorni è caduto anche il premier olandese Rutte, uno dei falchi più rapaci dell’ortodossia europeista coi paraocchi, oltre che nemico giurato dell’Europa meridionale. Ma tutte le votazioni svolte dal 2019 ad oggi nel continente hanno confermato il dato: il vento è cambiato.
La frammentazione dei consensi sta all’origine della nascita della “Commissione Ursula” con a capo la tedesca Ursula Von Der Leyen. Un governo sorto dall’inciucio tra PPE, PSE, RE e ECR, esclusi dalla partita tutti gli altri, partendo dal Gruppo dei Conservatori e Riformisti europei (di cui il premier italiano è Presidente). Un atto “dovuto” in quanto nessuna delle grandi coalizioni aveva i numeri necessari per formare un esecutivo da sola. Che Commissione è stata questa a guida teutonica? Al quarto anno di mandato è già tempo di bilanci, e non sono affatto rose e fiori. È stata una Commissione che si è subito distinta per il suo imprinting ambientalista paranoico e ossessivo. Automobili, aerei, motocicli, navi, batterie, plastiche, biciclette e persino case; non c’è settore che non sia stato sfiorato da questa frenetica deriva compulsiva, sono arrivati persino ad inventare il “migrante climatico” per rafforzare ulteriormente le loro bislacche teorie inquinanti, con il risultato di aver inquinato i pozzi della ragione mettendo a durissima prova la serenità di una larga fetta di cittadini.
Soprattutto italiani. Il perché è molto semplice: con il decreto green sulle case, di cui l’80% dell’intero patrimonio immobiliare della penisola è di proprietà privata, si dovrebbe procedere ad una infinita e costosissima serie di interventi strutturali nelle abitazioni per abbassare di due punti la classe energetica e, dati catastali alla mano, ad oggi quasi il 75% delle costruzioni risulta fuori norma con la naturale conseguenza che il valore si deprezzerebbe arrivando quasi a zero con le banche già allertate nel non concedere più mutui per acquisto di case che non abbiamo questi requisiti. Una pura follia che, se confermata nelle votazioni successive, metterebbe a soqquadro un Paese intero. Ma far credere alla gente che le case avvelenano la Terra, oltre che folle, è anche offensivo per l’intelligenza umana.
Questa sulle abitazioni è solo la punta di un iceberg di una serie di misure e provvedimenti da lasciare sbigottiti. Dalla grandezza delle vongole al cavolfiore, dalle quote latte (problema mai risolto) al vino, all’olio, fino ad arrivare a sostenere che grilli e cavallette sono più salutari della nostra dieta Mediterranea. Una serie di lacci e laccioli sempre più stringenti, volti a creare turbamento, agitazione e malumore nella popolazione. A rendere ancora più problematica una situazione già di suo complicata ci si è messa di mezzo anche la pandemia. Il Covid-19 ha esacerbato ulteriormente gli animi a causa di tutte le iniziative coercitive assunte, molte delle quali solo ideologiche e senza riscontri scientifici. Ancora una volta la Commissione, e la sua presidente, ne sono usciti in malo modo soprattutto per ciò che riguarda la gestione dei vaccini. Miliardi di euro spesi, contratti firmati con il segreto militare affinché nessuno sapesse i termini degli accordi, salvo poi scoprire il marito della Von Der Leyen essere un alto dirigente della casa farmaceutica principale fornitore del siero.
Sul tema Frau Ursula ha pensato bene di non riferire, trincerandosi dietro un rigoroso silenzio. Si è appollaiata sopra “l’albero della bugie” finché la vicenda non è scemata per mancanza di dibattito. Un comportamento oscurantista che getta un’ombra inquietante sull’operato di “Lady Rottermeier”. Eppure si era presentata al mondo con le vesti da eroina del popolo e l’ambizione di una nuova Rosa Luxemburg in versione riveduta e corretta: tailleur e iphone come marchio di fabbrica del nuovo che avanza. Ha finito per essere una papessa camuffata da Brunilde per il suo atteggiamento autoritario, intransigente e dispotico. Un personaggio in cerca d’autore, catapultato sulla scena politica con il chiaro intento di sparigliare le carte sul tavolo verde del conservatorismo pronto a fare il mazzo a chiunque si contrapponesse tra la tradizione ed i suoi utopistici progetti di società perfetta nel nome di un progressismo tenaglia, indottrinale, che non lascia spazio a nessuna forma di dissenso. O con me o contro di me.
Si può senza dubbio sostenere che la Commissione che sta per andare in archivio è la peggiore della Storia. Una Commissione nefasta, sventurata in tutte le sue sfaccettature, antagonista del popolo, rigida e schematica con tratti somatici che riportano la mente indietro di 80 anni. Una Commissione che ha legato il suo mandato, ed il suo destino, al volere dell’elite globalista tra OMS, agenda di Davos 2030 e Word Economic Forum. Che si è ulteriormente piegata a Washington e NATO trasformando nei fatti l’Europa in una colonia americana, un dato su tutti: l’America ha migliaia di basi militari sparse nel vecchio Continente, l’Europa neanche una negli States. Una Commissione che, senza battere ciglio, si è fatta trascinare nell’ennesima guerra – capriccio a stelle e strisce con le devastanti conseguenze che solo chi paga un muto e fa la spesa con i soldi contando anche il centesimo, paga sulla propria pelle.
Una Commissione che dal prossimo 25 Agosto censurerà qualsiasi piattaforma social che non oscuri contenuti che possano spingere le persone a scendere in piazza a manifestare per i propri diritti. Problema, quest’ultimo, che non riguarda il nostro Paese in quando le uniche manifestazioni di strada coinvolgono solo il calcio: una società non iscritta, piuttosto che la cessione di un calciatore. Ti chiudono in casa? Zitto e buono. Ti sospendono dal lavoro senza stipendio? Zitto e buono devi stare, secondo la più elementare regole del neoliberismo in salsa liberticida. In tutto questo, l’Italia, nonostante un cambio alla guida di governo, è rimasta fedele a se stessa: “prima l’Europa”, senza se e senza ma, al netto dei proclama trionfalistici social con cui la premier vorrebbe convincere gli italiani che “la pacchia per l’Europa è finita”. Purtroppo non solo non è finita ma, anzi, il cammino ricalca fedelmente quello fatto da chi l’ha preceduta negli anni. I malumori crescenti in tutta l’area euro fanno ben sperare in una netta e totale inversione rispetto a quanto visto negli ultimi disastrosi quattro anni, anche per smentire Orwell: “L’obiettivo sottinteso del progresso è, non esattamente, forse, il cervello sotto spirito, ma comunque un orribile abisso subumano di mollezza e inettitudine”. Gira voce sul fatto che si stia lavorando sotto traccia un per una “coalizione Ursula” per un secondo mandato, anche con il benestare di FDI. Persino Mario Draghi inizia ad avere forti perplessità su questa Unione Europea. Intervenuto alla Martin Feldsetin Lecture a Cambridge, nel Massachusetts, l’ex presidente Bce ed ex premier non le ha mandate a dire:” Credo che gli europei siano ora più pronti, rispetto a vent’anni fa verso una maggiore integrazione, perché ora ci sono solo tre opzioni: paralisi, uscita o integrazione”. Chiaro? Chiunque può sbagliare; ma nessuno, se non è uno sciocco, persevera nell’errore.