contenuto a cura di
altri articoli

L’estate del 1992 è l’estate in cui la mia generazione maturò la propria coscienza civile. Il 19 luglio del 1992 è il giorno in cui, dalla devastata via D’Amelio, partì il grido di dolore e di riscatto di noi siciliani onesti.

Il 19 luglio ricorre l’anniversario dell’uccisione di Paolo Borsellino e della sua scorta. In questa ricorrenza molteplici saranno le citazioni di sue parole e pensieri. Io ho deciso di ricordare il suo monito alla politica: “Gli uomini politici non devono soltanto essere onesti, ma lo devono anche apparire”.

Questa mia scelta nasce dal fatto che per me, siciliano e cresciuto in una comunità politica culturalmente legata all’idea di legalità e di etica pubblica, il giudice Borsellino rappresenta, da quel disgraziato giorno di luglio, un punto di riferimento comportamentale come professionista, cittadino e nell’agire politico in senso lato. “Paolo Vive” non è, e soprattutto non deve essere, una frase retorica da esibire alle fiaccolate commemorative del 19 luglio. Paolo deve vivere nelle parole che si trasformano in azioni.

Le parole di Borsellino dovrebbero essere dirimenti nel dibattito che si sta sviluppando in tema di giustizia, di garantismo e di riforma del reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Ritengo, infatti, che troppo spesso si confonda il piano giudiziario con quello politico e si tacci di giustizialismo chi, in alcuni casi, sottolinei l’opportunità di “passi indietro” da parte di attori istituzionali coinvolti in vicende giudiziarie.

Accertare le responsabilità giudiziarie è compito esclusivo della magistratura. Le valutazioni di opportunità politica invece spettano ai partiti e ai loro leader. Non è questione di essere garantisti o meno, ma di esprimere delle valutazioni a tutela del prestigio dell’istituzione che si rappresenta.

A mio avviso un politico, sottoposto a procedimento penale e che si trova a svolgere un ruolo importante di rappresentanza, dovrebbe salvaguardare il prestigio dell’istituzione nella quale esercita una pubblica funzione, dovrebbe esprimere fiducia verso l’operato della magistratura, dovrebbe fugare ogni ombra e sospetto da parte dei cittadini e fare un passo indietro.

Infine, oggi sarebbe auspicabile che quella comunità politica in cui, senza tema di smentita, si riconosceva anche Paolo Borsellino e che oggi si trova ai vertici delle istituzioni, più che rivendicare questa sua affinità ideale si impegnasse a pretendere che sia fatta chiarezza definitiva sulla sua morte.