contenuto a cura di
Valentina Marsella
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Andrea Purgatori è morto, nel mare dei ‘non ricordo’ sulla strage di Ustica, ancora avvolta nelle nebbie di chi cerca a tutti i costi la verità. Il giornalista, 70 anni, noto al grande pubblico per il film ‘Il Muro di gomma’ di Marco Risi, che raccontò la sua battaglia, e tutte le battaglie dei giornalisti d’inchiesta, tenaci e mai stanchi, di fare luce sulle grandi tragedie della nostra Italia. È morto improvvisamente, 43 anni dopo Ustica e, ironia della sorte, nello stesso giorno in cui il nostro Paese ricorda la strage di via D’Amelio dove perse la vita il giudice Paolo Borsellino. Stesse battaglie, stessa missione: fermare la criminalità e cercare in modo spasmodico la verità.

Il ‘Muro di Gomma’ non racconta solo la tragedia di Ustica, ma è l’emblema della missione di Andrea Purgatori e di chi, dai teatri di guerra alle inchieste giudiziarie che hanno ferito a morte l’Italia, sa di trovarsi di fronte a silenzi, reticenze, poteri forti, ingiustizie. Ma la missione è più forte di tutto, e nessuno deve mai dimenticare il prezioso e ineguagliabile lavoro dei giornalisti in trincea. Andrea Purgatori è stato uno dei più grandi giornalisti d’inchiesta, un conduttore attento nella trasmissione Atlantide, dove dalla carta e la penna del cronista d’assalto era passato alla luce dei riflettori. Ma sempre con lo stesso spirito. Raccontare non per convincere, ma per fornire agli spettatori tutti gli elementi che conosceva, affinché ognuno potesse farsi la sua idea.

È stato anche un maestro per chi ha voluto intraprendere il suo cammino, guidato dal fuoco sacro delle sue gesta. È stato il mio professore, ma aveva un modo tutto suo di insegnare. Nessuna etichetta, nessuna distanza con noi studenti. C’era solo la sua testimonianza e il suo racconto, che ti trasportava nei posti dove era stato, e ti faceva guardare negli occhi le persone che aveva incrociato. Il fil rouge delle sue parole, il Muro di Gomma, la estrema difficoltà del giornalismo d’inchiesta nel portare a termine la missione, quella nebbia che avvolge quello che è accaduto ma non si saprà forse mai. Certo, proprio il suo modo di scavare sulle reali cause che portarono all’abbattimento del volo Itavia, con la morte di 81 persone il 27 giugno del 1980, fotografa il suo essere cronista nel senso più alto del termine.

Purgatori è stato a lungo a capo della cronaca del Corriere della Sera, in anni non facili, quando il quotidiano di via Solferino usciva dallo scandalo della P2 che ne aveva travolto i vertici. Lì si era occupato di terrorismo, intelligence, criminalità, firmando inchieste e reportage memorabili su alcuni tra i casi più scottanti dell’Italia negli ‘anni di piombo’ come il caso Moro. Ha raccontato numerosi delitti di mafia dal 1982, fino alla cattura di Totò Riina. Ma la strage di Ustica ha segnato più di ogni altra cosa la sua carriera. E chi ha la fortuna di fare il suo stesso mestiere, sa che da oggi non avrà più un punto di riferimento nel cercare di avvicinarsi ai fatti per raccontarli nella maniera più chiara e semplice