contenuto a cura di
Francesco Rossi
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“O la vita è una avventura da vivere audacemente, oppure è niente”. Letta così potrebbe sembrare una massima scritta da Silvio Berlusconi, invece no, ma calza talmente bene a pennello da apparire come un tocco di Van Gogh. E non v’è dubbio che, se fosse un personaggio del pittore olandese, non potrebbe che essere uno dei protagonisti de “I mangiatori di patate”. Perché la sua vita audace lo è stata ed il nulla non gli è mai appartenuto.  Una escalation senza ostacoli che si è via via ramificata in decine di settori, con una inevitabile scrematura che lo ha portato alla creazione di uno zoccolo duro su cui puntare in prima persona: televisione, calcio e politica. Tre grandi amori che il Cavaliere ha tenuto sotto la sua ala protettiva fino all’ultimo dei suoi giorni, con il pallone che ha fatto un giro immenso (da Milanello a Monzello) per poi ritornare alla base. Attività che ha sempre curato direttamente, senza deleghe, con una presenza costante e continua tanto da chiedersi e domandarsi: cosa ne sarà “di loro” dopo la sua dipartita? A detta dei cinque rampolli nulla cambia, tutto procederà secondo quelle che erano le volontà del padre e non ci sarà alcuna dismissione. Almeno per il momento.

Ma è ovvio come qualcosa sia già finita sotto la lente d’ingrandimento, e quel qualcosa è il Monza l’ultimo gioiello capolavoro dell’ex premier. Acquistato nel settembre del 2018 per un tozzo di pane, quando era in serie C, sotto la sua gestione e con accanto il fido Galliani, i brianzoli sono approdati per la prima volta in serie A, salvandosi con larghissimo anticipo e valorizzando alcuni giovani in una formazione ampiamente a trazione italiana così come richiesto dal patron. Un modello di virtuosismo sulla scia di altre compagini come Sassuolo e Atalanta. Tutto bene, quindi? No, perché un piccolo dettaglio fa tutta la differenza del mondo: nessuno dei cinque figli è interessato al pallone. Neanche i maschi (Pier Silvio e Luigi), nonostante il secondogenito ai tempi del Milan stellare fosse sempre in prima fila ad alzare Coppe e festeggiare scudetti. E nelle loro intenzioni non c’è alcuna voglia di copiare il modello Mapei col Sassuolo dove, morto Giorgio Squinzi, la famiglia ha trasferito la gestione a Giovanni Carnevali senza che il progetto ne abbia risentito. Niente traumi, né intoppi.

Fu la forte pressione di Marina (in primis) che portò alla vendita del Milan nel febbraio del 2017 al misterioso Mr Li, cessione che causò profondo dolore in Berlusconi equiparabile quasi alla perdita di un figlio. Ma per i maggiori azionisti di Fininvest il calcio è sempre stato visto come una costosissima macchina mangia soldi. Non passerà molto tempo affinché anche il Monza venga messo sul “mercato”, probabilmente quando sulla morte di Silvio Berlusconi sarà definitivamente calato il sipario, portandosi dietro tutte le emozioni di queste settimane. E non sarà affatto difficile disfarsi della società viste le manifestazioni di interesse da parte di gruppi stranieri che si sono palesati a pochi giorni dalla morte. Tutto verrà fatto a tempo debito, meglio a luci spente, ma la strada è tracciata e non si torna indietro per quello che sarà l’ultimo capitolo della vincente storia d’amore dei Berlusconi con il pallone. Una palla al piede che ad Arcore vogliono quanto prima lanciare più lontano possibile. Molto più in là dei pochi chilometri che separano la residenza di Villa San Martino dallo stadio del Monza.

Idee chiare anche qui, ma situazione molto più complessa, per quanto riguarda il partito: nessuna intenzione di abdicare e cedere Forza Italia, vera invenzione e creatura di famiglia. Per svariati motivi, intanto economici. Sul partito grava una fideiussione di circa dieci milioni di euro, soldi immessi dal Cavaliere nelle casse per ripianare i debiti. Quindi fino al totale rientro del capitale nulla cambierà. Tuttavia, le ragioni sono anche altre, infatti, pur non essendo mai scesa in campo direttamente, a Marina la politica piace. Non è un mistero come sia sempre stata la prima consigliera del padre quando bisognava prendere decisioni di un certo peso, visto anche il coinvolgimento indiretto delle aziende. Anche a Pier Silvio la questione non lo lascia indifferente, tirato in ballo qualche giorno fa su un suo possibile impegno futuro, ha solo socchiuso la porta lasciando aperto il portone. Forse sbagliando, in quanto, ad occhio, non sembra avere il physique du role del politico contrariamente alla sorella. Ma i figli di primo letto di Berlusconi sono molto meno romantici del padre, per cui qualsiasi sia la scelta sarà solo ed esclusivamente in ottica imprenditoriale. Gli avvoltoi non se ne sono mai andati dai cieli di Cologno Monzese e lo spettro di possibili intromissioni ha sempre fatto capolino nelle menti dei fratelli. Come dei fantasmi inquieti e senza fissa dimora.

Come si interverrà adesso sul partito? Il primo passo è già stato compiuto con la nomina a segretario di Antonio Tajani, una promozione scontata, quasi fisiologica, essendo l’ex Presidente del parlamento europeo già numero due degli azzurri. Rimane da definire la posizione della quasi moglie, Marta Fascina. Marina e Pier Silvio non vorrebbero concedere troppo spazio onde evitare il rischio di un’opa che porti alla scalata da parte dei Fascina soprattutto in vista delle prossime elezioni europee dove, pare, ambisca ad avere un ruolo in prima fila il padre Orazio (personaggio dalle dubbie qualità, senza arte né parte), e quindi evitare una faida in stile Orazi e Curiazi. Insomma, se questione di famiglia deve essere, non può che interessare solo la dinastia di Arcore. Anche perché i rapporti tra la primogenita del fondatore di Forza Italia e Marta non sembrano essere così idilliaci come il giorno delle esequie, dove le due donne camminarono mano nella mano. È talmente vero che Pier Silvio ha già fatto recapitare la lettera di sfratto dalla storica residenza: entro novanta giorni dovrà andare via assieme a scatoloni e genitori. Con 110 milioni sul conto in banca, frutto della sua quota ereditaria, un bilocale su Milano dovrebbe trovarlo facilmente.

Anche per ciò che riguarda la linea politica non ci saranno sostanziali novità. La collocazione europea rimane sempre nel PPE, quella italiana nel centrodestra.

In questo bailamme una granitica certezza c’è e si chiama Fininvest le cui quote di maggioranza della famiglia (poco sopra il 50%) sono nelle mani dei due figli maggiori. La certezza è che la continuità aziendale non è minimamente in discussione: rappresenta il presente ed il futuro. Ciò che sta cambiando è la strategia, soprattutto interna alla scaletta dei programmi, non solo figlia del progresso e delle innovazioni tecnologiche, ma segnatamente di quella sobrietà più volte invocata dal numero uno di Mediaset e  che vede coinvolti palinsesti e conduttori. Un cambio di pelle radicale. Un vero e proprio maquillage, una rivoluzione copernicana che non sta risparmiando nessuno e che ha avuto una forte accelerata proprio dopo la morte del fondatore. E non può non saltare all’occhio come la pianificazione di intrattenimento politico si stia spostando sempre più a sinistra. E non possono essere solo coincidenze gli arrivi, uno dietro l’altro, di tre pezzi grossi dei salotti buoni della sinistra radical chic come Bianca Berlinguer, Myrta Merlino e Luciana Litizzetto. Quest’ultima (impegnata anche su Discovery affianco a Fabio Fazio) non si occuperà di politica, ma sarà solo giudice a Tu si que vales fortemente voluta da Maria De Filippi. Discorso diverso per quanto riguarda le due giornaliste ex Raitre e La7. La figlia del fu segretario del partito Comunista verrà dirottata su Rete4 dove, di fatto, va a sostituire un’altra paladina del politicamente corretto come Barbara Palombelli. Bianchina sarà anche l’ago della bilancia di Giuseppe Brindisi, conduttore sempre supino ai dettami del pensiero unico dominante. La Stella Polare del mainstream dal muro di gomma come contraddittorio. La Berlinguer pur portando quella cultura di sinistra liberale (basti ricordare il sociologo Alessandro Orsini ospite fisso nel suo talk in Rai), non è mai stata tenera con Berlusconi. Ma come si è consumata la clamorosa rottura con la Rai dopo più di 30 anni? Probabilmente per troppo “amore”, facendo esattamente il contrario di quello che predicava Baltasar Gracian, noto gesuita: “E’ saggio abbandonare le cose che ci abbandonano”. L’ex conduttrice di Carta bianca ha abbandonato Mamma Rai che non pensava mai di abbandonare.

Infine, Myrta Merlino, catapultata direttamente dalla TV di Cairo, arriva accompagnata da un pedigree di tutto rispetto per ciò che riguarda l’assolutismo ideologico. Fortemente dottrinale, da sempre arroccata sul Monte Olimpo, avvezzata e rapita dal dio delle mistificazioni quotidiane con sembianze da Giano Bifronte. È la negazionista dell’opinabile per eccellenza, del discutibile, con atteggiamenti accompagnati molto spesso da modi di fare sprezzanti e pieni di arroganza. Insomma, una Annunziata che deve ancora farcela. L’ingresso sarà in pompa magna, andrà infatti a sostituire un pezzo da novanta come Barbara d’Urso alla conduzione di Pomeriggio 5. Avrà il compito di dare un taglio più giornalistico al programma con la speranza che racconti i fatti così come sono. Siamo sicuri che Silvio Berlusconi volesse tutto ciò? Forse no, ma tant’è. Sono gli affari, bellezza!