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“Assicurare governi stabili, grazie al presidenzialismo, non è una misura astratta: è la più potente misura economica di cui necessita l’Italia.” “Riforma presidenziale dello Stato, al fine di assicurare la stabilità governativa e un rapporto diretto tra cittadini e chi guida il governo.” Questo è ciò che si legge a pagina 35 del “Programma per risollevare l’Italia” che Fratelli d’Italia ha presentato in occasione delle elezioni del 25 settembre 2022.
Sembrava presidenzialismo invece era premierato. Il governo di centrodestra ha deciso di abbandonare il progetto originario per virare verso una riforma diversa che prevede l’elezione del presidente del Consiglio a suffragio universale, diretto e in unico turno. Ciò, secondo i più maliziosi, per strizzare l’occhio a Renzi e i suoi voti parlamentari. Ricordate il “sindaco d’Italia”?
Il premierato, infatti, consentirebbe ai cittadini di eleggere direttamente il capo del Governo, ma resterebbe salvo il meccanismo dell’elezione del presidente della Repubblica da parte del Parlamento.
Al di la del fatto che con questa scelta la premier Meloni sta abbandonando una battaglia storica delle destra italiana, dobbiamo però interrogarci se il premierato così come immaginato nella riforma Casellati potrà dare risposta alla domanda posta da Calamandrei alla Costituente: “Come si fa a far funzionare una democrazia che non possa contare sul sistema dei due partiti, ma che deve funzionare sfruttando o attenuando gli inconvenienti di quella pluralità di partiti la quale non può governare altro che attraverso un governo di coalizione?”.
Probabilmente sì. È comunque una riforma che crea un rapporto diretto tra voto ed esecutivo e ciò dovrebbe consentire governi più forti e stabili.
Sicuramente apprezzabile la modifica antiribaltone: in caso di premier sfiduciato e dimissionario il Capo dello Stato potrà assegnare un nuovo incarico solo allo stesso premier eletto alle urne o a un parlamentare eletto nelle liste a lui collegate, per “attuare le dichiarazioni relative all’indirizzo politico e agli impegni programmatici su cui il Governo del Presidente eletto ha chiesto la fiducia delle Camere”.
Si eviterà così che chi ha perso le elezioni finisca poi, per volontà quirinalizia, a governare.
Vi è chi ritiene che sia un errore deviare dalla strada maestra per le riforme della destra italiana per andare in cerca di un consenso parlamentare più largo possibile, con il rischio che poi non sia abbastanza largo.
Infatti, dietro l’angolo c’è sempre il referendum che può confermare o ribaltare il risultato parlamentare.