contenuto a cura di
Francesco Rossi
Salvini chiama, Tajani non risponde, almeno per il momento. Tutto avviene dal palco di Free Europe a
margine della giornata dei Sovranisti europei organizzata dal gruppo Identità e democrazia riunitisi nella splendida cornice della Fortezza del Basso di Firenze e che ha visto la presenza di tutti e dodici rappresentanti dei partiti dei vari paesi europei che ne fanno parte. Una coalizione che si pone l’ambizioso piano di risultare determinante alle prossime votazioni per il rinnovo del Parlamento europeo e nella composizione della nuova Commissione.
Il leader leghista e Vice Premier ha lanciato un appello al suo omologo di Forza Italia affinché anche il movimento fondato da Silvio Berlusconi lasci il PPE per aderire al progetto di una nuova destra europea: “Il centrodestra in Europa può portare a una rivoluzione solo se è unito, non è una piccola polemica politica italiana. Il governo italiano non è in discussione e governerà per tutti i 5 anni per cui gli italiani ci hanno votato. Io con Giorgia (Meloni) e Antonio (Tajani) lavoro benissimo e sto progettando infrastrutture che hanno bisogno di anni per andare avanti. Ma agli amici del centrodestra dico: come stiamo prendendo per mano l’Italia per riportarla a crescere, sarebbe un errore fatale dividere il centrodestra in Europa”.
Appello che per adesso sembra essere caduto nel vuoto, ma le possibilità che il Ministro degli Esteri risponda picche sono molto elevate nonostante, bisogna dirlo chiaramente, il suo partite esca con le ossa rotte all’alleanza fucsia che ha sostenuto la sciagurata e disastrosa, sotto tutti i punti di vista, Commissione Ursula. Una commissione spaccata su tutto, in disaccordo perenne, che si è via via sfaldata e sbriciolata come una crostatina sotto i piedi e che da mesi non riesce più a governare, impantanata nelle sabbie mobile delle divergenze e delle contraddizioni. Ma è stato un bene assoluto, questa volta la dea bendata ci ha messo lo zampino al momento giusto. Infatti, grazie a questo immobilismo, si è definitivamente affossata la folle norma sulle case green che avrebbe portato al fallimento del mercato immobiliare italiano.
Una Commissione che ha gettato l’Europa tra le braccia dell’ennesima inutile guerra americana, per il solo fatto di non avere la statura caratteriale e culturale di dire no all’imperatore di Washington. Nonostante fosse chiaro come tutto ciò avrebbe comportato solo disastri in termini economici per tutta la zona euro. Pensando di azzoppare Putin, si sono azzoppati da soli. La Russia ha registrato il Pil più alto degli ultimi anni, mentre tutta la zona euro è ripiombata in una congiuntura negativa preoccupante con l’inflazione arrivata quasi al 10%. Tajani già in tempi non sospetti aveva dichiarato la propria avversità nei confronti di Marine Le Pen e i tedeschi dell’Afd.
Avversità che invece continua a non nutrire nei riguardi di una presidente che in più occasioni ha dimostrato di essere una bugiarda improvvisata, come i personaggi di una commedia di Eugène Labiche. Con la differenza che questa non è una commedia, ma solamente la manifestazione più pura della discrepanza tra il dire ed il fare che si abbatte inevitabilmente sul destino di 400 milioni di persone.
Il Tajani pensiero stupisce fino ad un certo punto in quanto la sua carriera politica si è sempre ramificata tra i palazzi di Bruxelles e Strasburgo, di cui è stato anche il primo presidente italiano dell’emiciclo. Un figlio dell’Ue svezzatosi tra scaffali impolverati di incompetenza e burocrati arruffoni, padri nobili di quel pauperismo che oramai da anni investe il vecchio Continente, e da cui non si vede luce in fondo al tunnel. Situazione che annovera tra le cause principali gli inciuci in stile Ursula architettati da stregoni alchemici col vizio dell’oscurantismo le cui formule magiche devono restare segrete, come il pasticcio con la Pfizer, messo prontamente a tacere. O come l’alleanza tra il PPE ed i socialisti che tanto è piaciuta a poltronari di lungo corso come Gentiloni. L’attuale Commissario ha già fatto sapere di essere, oltre che pronto, anche favorevole, all’ennesima pastetta e brodaglia riscaldata che tanto danni ha arrecato ai cittadini, pur di non perdere potere e privilegi.
Il Risiko dell’intellighenzia artificiale si è già messo in movimento per scongiurare il pericolo di vedere un parlamento ed una commissione per la prima volta spostati a destra, tra sovranisti e patrioti. E che il pericolo sia davvero reale lo dimostra anche la discesa in campo del Capo dello Stato. Mattarella, con un tempismo quasi da recordman, ci ha tenuto a sottolineare che “La sovranità nazionale è una bandiera inutile” esautorando di fatto anche la sua figura. A cosa serve un Presidente della Repubblica di una nazione la cui sovranità è nelle mani di una istituzione straniera?
In questo quadro abbastanza elettrico in cui basta un filo fuori posto per mandare in tilt tutto il sistema è praticamente impossibile che Tajani sposti Forza Italia dall’attuale casa europea. E’ abbastanza palese come preferisca il sovranismo macroniano ( che va contro gli interessi dell’Italia) rispetto a quello della leader del Rassemblement National. Ma qualora fosse accarezzato dall’idea di seguire il collega di governo sarebbe lo zoccolo duro del suo partito ad impedirlo, a partire dalla “proprietà”. Marina Berlusconi non potrebbe tollerare uno spostamento a destra così marcato, anche per via di quell’europeismo moderato diventato un mantra del padre negli ultimi anni di vita politica. Fi è nata dalle ceneri del partito socialista e la strada da seguire è ben marcata nel DNA, senza bisogno del navigatore per trovarla, o di Alexia che la suggerisca.
Prese per buone le elezioni in giro per l’Europa degli ultimi due anni, che hanno visto trionfare il centrodestra dappertutto, e data per scontata l’alleanza tra Identità e democrazie ed i patrioti europei guidati da Giorgia Meloni, che potrebbe portare alla vittoria dei questa area, come pensa, il leader azzurro, di riuscire a gestire questa doppia veste manichea? La politica interna si incastra a mandata tripla con quella estera, diventando quasi conseguenziale alla seconda.
Sia in Parlamento, che soprattutto a Palazzo Chigi, si tracciano le linee guida da presentare a Bruxelles e spesso non senza contrasti nelle stesse maggioranze. Essere al governo in Italia ed all’opposizione degli alleati in Europa non può essere una cosa assolutamente accettabile. Ne è ipotizzabile che Forza Italia esca dal Cdm ogni qual volta bisogna approvare un testo per l’Ue. Peggio ancora quando sul decreto viene messa la tagliola del voto di fiducia. Perché un conto è essere alleati stando all’opposizione, un altro da maggioranza.
Anche perché sulla questione Europa è tornato il Salvini di lotta e di governo memore delle elezioni scorse in cui toccò le vetta del 33% (pure all’epoca al governo come Ministro degli Interni), e non ha nessuna intenzione di retrocedere di un millimetro rispetto a programmi ed alleanze, tanto più con il vento del cambiamento radicale che spira decisamente forte alle spalle del Carroccio e dei suoi compagni di avventura europea. Lo stesso titolare delle Infrastrutture ha prontamente rassicurato tutti sulla tenuta dell’esecutivo che andrà avanti per tutta la durata della legislatura. Non ci sarà nessun Papeete bis. Nessun altro colpo di testa.