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“Sono orgoglioso di essere siciliano perché Falcone, Borsellino, Padre Puglisi sono siciliani. Mi vergogno di essere siciliano perché Falcone, Borsellino, Padre Puglisi erano siciliani.” Da lì a qualche mese avrei compiuto diciott’anni, ma la mia maturazione è iniziata esattamente quel pomeriggio di maggio di trentuno anni fa a Capaci per completarsi il 19 luglio dello stesso anno in via D’Amelio.

Quelle stragi hanno rappresentato per noi siciliani il momento in cui tutto è cambiato. Una svolta culturale che ci ha reso consapevoli del fatto che combattere la mafia non è solo un problema dei magistrati o delle forze dell’ordine, ma è un problema di ciascuno di noi, ognuno nel proprio campo e nei gesti quotidiani. Perché stare dalla parte di Falcone e Borsellino è una scelta di vita. Senza retorica e senza ipocrisia.

L’anniversario della strage di Capaci e del sacrificio di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e degli uomini della scorta, rappresenta certamente una pietra miliare della memoria storica condivisa della nostra nazione per la riaffermazione dello stato di legalità. Ma il ricordo e ancor di più le commemorazioni ufficiali non devono essere fini a stesse.

Il passato non deve essere solo ricordato, ma deve essere capito affinché non si ripeta. Bisogna comprendere l’insegnamento che ci viene dalle vite di Falcone e Borsellino e non limitarsi all’indignazione che, troppo spesso, sottintende rassegnazione.

Falcone e Borsellino erano uomini che volevano cambiare la realtà e lo hanno fatto senza preoccuparsi delle conseguenze che la loro azione avrebbe avuto sulle loro vite.

Giovanni Falcone ci ha insegnato che “occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché è in ciò che sta l’essenza della dignità umana”.

Ha rappresentato un modo di essere magistrato: moderno, attento, equilibrato, ma impalcabile nell’affermazione dell’autorità dello stato e della difesa del bene comune. Tanti appartenenti al corpo giudiziario che oggi rievocheranno il suo pensiero dovrebbero metterlo in atto anche nella loro azione quotidiana.

Da ultimo, al netto dei processi e delle sentenze, non possiamo sottacere come nei siciliani onesti sia forte il desiderio e la speranza di conoscere tutta la verità su quella drammatica stagione di stragi, di opacità, di omissioni. Sarà quello il momento in cui forse si potrà dire che abbiamo sconfitto la mafia.