contenuto a cura di
Francesco Rossi
Paolo D’Achille è il nuovo presidente dell’Accademia della Crusca. Professore ordinario di Linguistica Italiana presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Roma, vanta una grande esperienza nel campo della conservazione della lingua italiana.
È stato presidente della SILFI (Società Internazionale di Linguistica e Filologia Italiana), segretario dell’ASLI (Associazione per la Storia della Lingua Italiana), membro del Comitato Esecutivo della SLI (Società di Linguistica Italiana); coordinatore della Sezione Scuola dell’ASLI, anche socio ordinario dell’Arcadia e socio effettivo della Società Romana di Storia Patria.
Ha fatto parte del comitato scientifico della Enciclopedia dell’italiano. È attualmente membro del comitato direttivo di “Lingua e stile”, dell’”Archivio per il Vocabolario Storico Italiano” è stato direttore della “Rid.IT Rivista on line di Italianistica”; è anche direttore, insieme ad Alda Rossebastiano, della collana “Stiledia – Storia dell’Italiano, Lessicologia, Dialettologia”.
I suoi incarichi non finiscono qui, infatti è membro del comitato scientifico della “RID. Rivista italiana di Dialettologia”, per la quale è corrispondente per il Lazio. Nel 2019 ha ottenuto il Premio Letterario Nazionale “Nicola Zingarelli” – Premio Speciale “Non omnia possumus omnes”.
Si è occupato di vari temi e problemi di storia della lingua italiana, studiando in particolare i rapporti tra il parlato e lo scritto, la produzione semicolta e in genere le varietà diafasiche e diastratiche in prospettiva storica, la lingua del melodramma e del teatro, le scritture esposte, specifiche questioni di morfologia flessiva e lessicale e di sintassi.
Ha studiato anche vari aspetti dell’italiano contemporaneo, occupandosi dei neologismi, del problema dell’editing e della revisione redazionale dei testi, delle varietà regionali di italiano, del linguaggio giovanile, della lingua di vecchi e nuovi media, di onomastica, delle idee linguistiche di Pasolini. Negli ultimi anni ha svolto (da solo o in collaborazione con altri studiosi) ricerche sul lessico e la formazione delle parole in prospettiva storica, occupandosi di termini di colore, composti aggettivali, nomi comuni derivati da nomi propri, nomi di mestieri, suffissati in -ata, nonché di francesismi di uso internazionale.
Ha inoltre condotto ricerche sulla situazione linguistica romana e laziale, con particolare riferimento alla produzione scritta dei secc. XIV-XVIII, e su problemi di fonetica, morfologia, sintassi e lessico del dialetto romanesco dall’Ottocento a oggi. Dirige, insieme a Claudio Giovanardi, il Vocabolario del romanesco contemporaneo. È responsabile del Servizio di consulenza linguistica e direttore del periodico “La Crusca per voi”, membro del Direttivo, membro del comitato scientifico del periodico in rete “Italiano digitale”.
Presidente D’Achille, da pochi giorni lei ha assunto la guida dell’Accademia della Crusca. Quali sono le sue prime sensazioni?
Molto positive anzitutto per quello che riguarda lo “stato di salute” generale della struttura che ha lasciato il mio predecessore, Claudio Marazzini, che è stato davvero un grande presidente. Poi ho colto una gran voglia di lavorare da parte di tutti (accademici, personale dipendente, collaboratori e collaboratrici). Ho capito anche che ci sarà molto da lavorare, per non compromettere il lavoro fatto fin qui e anche per migliorare ulteriormente certi settori, un pochino in sofferenza.
Un professore di linguistica a capo dell’Accademia destinata allo studio e alla conservazione della lingua nazionale italiana. È il caso di dire l’uomo giusto al posto giusto?
Beh, questo non posso certamente dirlo io. Sicuramente mi dedico allo studio e all’insegnamento dell’italiano da tanti anni; sono stato, per quasi un anno, vicepresidente e, anche come direttore del Servizio di Consulenza linguistica, so comprendere quello che la cittadinanza e le istituzioni si attendono dalla Crusca.
Non sempre in Italia chi è chiamato a svolgere un determinato ruolo si è formato per quelle competenze. Lo vediamo ad esempio in politica anche in ruoli chiave e delicati. Quali secondo lei le ragioni?
Perché c’è una componente burocratica, per di più molto variabile da ufficio a ufficio, da sede a sede, da Ministero a Ministero, da Ateneo ad Ateneo, e quindi solo quando si è entrati nel meccanismo si acquistano determinate competenze. È però importante che ci sia una competenza pregressa di fondo per quello che attiene il piano culturale e scientifico, che ci sia una volontà di acquisire rapidamente le competenze che non si hanno e che, soprattutto, si voglia davvero lavorare, senza risparmiarsi.
Nell’era di Internet, dei social network e della messaggistica abbreviata come si pone l’Accademia anche davanti al proliferare di neologismi?
L’Accademia, proprio all’interno del Servizio di Consulenza, ha una rubrica intitolata “Parole nuove”, in cui si presentano schede su parole che non sono ancora registrate nei principali dizionari, o che lo sono con altre accezioni; queste schede, ampliate, sono poi pubblicate sulla rivista in rete “Italiano Digitale”. Noi segnaliamo sempre, per i numerosi anglismi che in questa rubrica hanno la parte del leone, le possibili alternative italiane; indichiamo gli ambiti d’origine e d’uso delle varie parole. C’è poi il gruppo Incipit che segnala i neologismi incipienti, usati e diffusi dalla pubblica amministrazione, che possono non essere comprensibili a tutti e che quindi andrebbero sostituiti o almeno spiegati.
L’errore grammaticale secondo le statistiche è in forte crescita e colpisce sempre più categorie di autorevoli professionisti. Quali secondo lei le cause (scuola, poca lettura, internet o linguaggio social)?
Le cause sono molteplici: una minor attenzione della scuola allo studio della lingua italiana e all’insegnamento/apprendimento delle regole grammaticali; la crescita della scrittura trasmessa, in cui domina l’informalità. I testi pubblicati in rete sono spesso scritti rapidamente, non vengono riletti e ci si affida ai lettori per la correzione “in automatico” di refusi e incongruenze sintattiche. Certo, anche l’assenza di modelli di riferimento ha un suo peso: si impara a scrivere leggendo e scrivendo e riscrivendo…
Nel nostro Paese si moltiplicano le iniziative culturali per promuovere la lettura dei libri, ma i dati restano allarmanti. Cosa può fare in questo scenario l’Accademia?
L’Accademia non ha la promozione della lettura come uno dei suoi compiti specifici, però segnala, quando possibile, le novità librarie; dialoga – attraverso i suoi esponenti – con gli autori contemporanei, partecipa a fiere del libro e ad altre iniziative in favore della lettura. Un compito più specifico è quello di operare perché anche i classici della tradizione (da Dante a Manzoni e oltre) possano continuare a essere letti e compresi anche dalle ultime generazioni.