contenuto a cura di
Valentina Marsella
altri articoli

Strasburgo ore 12,30. Tutti con il naso all’insù per ammirare i movimenti e i suoni di uno degli orologi astronomici più belli in Europa, che allo scoccare dei trenta minuti dopo Mezzogiorno, ogni giorno, racconta con i suoi meccanismi cosa accade in cielo. Ecco che le statue dei dodici apostoli sfilano davanti al Cristo che benedice i visitatori. Intanto il gallo canta per tre volte, a ricordare il tradimento di Pietro e la fragilità umana. Già, la fragilità umana dove il tempo per molti filosofi e fisici è illusione. Fu Albert Einstein il primo a dirlo, con la teoria della relatività, portando un celebre esempio: “Quando un uomo siede un’ora in compagnia di una bella ragazza, sembra sia passato un minuto. Ma fatelo sedere su una stufa per un minuto e gli sembrerà più lungo di qualsiasi ora”. Ma la storia degli orologi astronomici, congegni meccanici che invece sono strumenti di precisione del tempo e delle stagioni, cozza con le teorie di chi sostiene che il tempo non esista. 

Dov’è la verità? Come sempre nel mezzo, perché esistono due tipi di tempo: quello oggettivo, uguale per tutti, scandito dagli orologi e dai calendari, dunque misurabile, e quello soggettivo, diverso per ciascuno e che dipende dalla percezione della persona, dalla sua coscienza, dal suo avere memoria del passato. L’uomo ha bisogno di entrambi. Da sempre la sua giornata è stata scandita dal tempo oggettivo, perché solo una scansione temporale che sia uguale per tutti permette la condivisione delle esperienze. Allora, guardare questo storico esemplare, incastonato tra i colori sgargianti delle vetrate della Cattedrale gotica di Strasburgo, significa condividere l’esperienza umana che fin dall’età di mezzo ha raccontato il bisogno dell’uomo di avere un tempo. Tutti, come bambini di fronte a una scatola di cioccolatini, guardano a bocca aperta i movimenti del monumento delle ore sacre e profane, che ha il pregio di svelare anche la posizione del Sole e dei pianeti nel cielo, le fasi della Luna e una mappa stellare rotante con le costellazioni. È come vedere cosa accade in cielo da un cannocchiale dove ogni immaginazione prende forma. Quello di Strasburgo è uno dei più caratteristici, ma la storia degli orologi astronomici che attraversano l’Europa risale al Medioevo, e il primato del più antico spetterebbe all’Italia. L’orologio della Torre di Sant’Andrea a Chioggia.

Per secoli, numerose ricerche condotte in Italia e all’estero dai principali esperti in materia hanno sostenuto l’idea che il primato dell’orologio chioggiotto fosse condiviso con quello inglese di Salisbury, in quanto entrambi sarebbero stati costruiti nel 1386. Ma recentissime perizie supportate da documentazioni storiche hanno assegnato lo scettro di esemplare più antico e tutt’ora funzionante a quello della città lagunare. La sua costruzione è attribuita alla famiglia Dondi, dinastia di grandi costruttori di orologi dell’epoca e sofisticati meccanismi. Dal 2006 è stato anche creato il Museo dell’orologio, e da allora è possibile visitare l’antica torre campanaria di Sant’Andrea, e al quinto piano ecco che appare il congegno meccanico che segna il tempo più antico del mondo. 

Il primato dell’orologio astronomico più gettonato per numero di visitatori è invece quello di Praga, monumento scientifico del periodo medioevale, montato sul lato sud del municipio della Città Vecchia. Il suo meccanismo è composto da tre elementi principali: il quadrante astronomico, sul quale, oltre all’ora, sono rappresentate le posizioni in cielo del Sole e della Luna, insieme ad altre informazioni astronomiche, il ‘Corteo degli Apostoli’, e un quadrante inferiore composto da 12 medaglioni raffiguranti i mesi dell’anno. Da oltre seicento anni è in servizio, costruito nel 1410 dal maestro d’orologeria Nikolas zu Kadaň e da Jan Šindel, quest’ultimo professore di matematica e astronomia.

Ma oggi siamo a Strasburgo. E anche se le suggestioni suscitate dall’orologio che si scopre subito al visitatore che entra nella Cattedrale gotica sono tante, il pensiero va a una curiosità che forma un asse tutt’altro che immaginario con l’Italia. Parliamo dell’orologio astronomico di Messina, il più grande mai costruito.  Cosa lo lega alla città francese? Ebbene, fu costruito dalla ditta Ungerer di Strasburgo nel 1933. È integrato nel campanile della chiesa, ricostruito all’inizio del secolo dopo il terremoto, di cui costituisce l’elemento più caratteristico.  La parte tecnica è stata concepita da Frédéric Klinghammer, mentre dal punto di vista artistico si basa su piani di Théodore Ungerer. I meccanismi riprendono in parte quelli dell’orologio astronomico di  Strasburgo. Fu commissionato dall’arcivescovo della città Angelo Paino in occasione del rifacimento del campanile di Messina, sotto consiglio di papa Pio XI, che gli regalò un modello funzionante dell’orologio del capoluogo alsaziano.

Unico esemplare al mondo infine, nel cuore delle Marche, è quello dell’orologio planetario di Macerata. Non semplicemente astronomico, ma capace di rappresentare pianeti del sistema solare conosciuto al tempo della realizzazione dell’originale. Il quadrante Policromo, oltre ad indicare le ore, mostra i moti apparenti della Luna e del Sole e il circuito dei 5 pianeti conosciuti al tempi dai Fratelli Ranieri che realizzarono l’originale nel 1571.

Ad unire simbolicamente il tempo oggettivo degli orologi e quello soggettivo guidato dalla percezione di ognuno, il fil rouge delle ore e dei minuti che passano inesorabilmente e ‘mangiano’ la nostra vita. Ne è l’emblema il ‘Corpus Clock’, conosciuto anche come Cronofago,  un monumentale orologio cavalletta montato alla parete del Corpus Christi College, nella città britannica di Cambridge, incoronato come una delle migliori invenzioni prodotte nel 2008 dal settimanale statunitense Time. Sfidando i canonici metodi di misurazione del tempo, il ‘Corpus Clock’ funziona in maniera imprevedibile, con un meccanismo che lo fa accelerare o rallentare in modo apparentemente casuale, facendo sì che di fatto l’ora venga segnata esatta solo ogni cinque minuti. L’invenzione ha una profonda valenza simbolica rappresentata dalla cavalletta che si muove mangiando il tempo. E’ il suo creatore, John Taylor, ad averne dato l’interpretazione più autentica: “È terrificante, è destino che sia così. Fondamentalmente, non vedo il tempo giocare dalla vostra parte. Lui mangerà ogni minuto della vostra vita, e non appena uno morirà, avrà l’acquolina in bocca per quello successivo”.