contenuto a cura di
Francesco Rossi
Chissà, magari Karl Marx aveva ragione quando pronunciò la celebre frase: “La storia si ripete sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa”. Perché ci sono momenti cruciali nella vita in cui alcune vicende, anche se lontane tra loro, magari si intersecano, in qualche modo si annusano, legate da un sottilissimo filo rosso e da un destino sinistro in cui novità, nuove idee, nuove culture proprio non piacciono. Ne sanno qualcosa gli antichi romani i quali, sin da sempre legati al mos maiorum, si videro improvvisamente investiti dalla civiltà ellenista frutto delle loro conquiste in quelle terre. Fu Marco Porcio Catone, detto il Censore, a porre per primo la questione morale contro il nuovo vento che spirava da sud-est e che stava trasformando, rapidamente e radicalmente, la società dell’Urbe. Dalla sua, il Censore, aveva gran parte della nobiltà conservatrice romana rappresentata dai patrizi. Questa nuova ventata culturale era vista come un pericolo nei confronti della sacralità dei mores.Era eticamente sbagliata, intaccava le tradizioni che avevano fatto grande l’Impero Romano, si mise in discussione anche l’onestà dei costumi. Una tragedia per l’epoca. Nonostante siano passati più di duemila anni, dalla tragedia alla farsa è un attimo. È quello che da qualche settimana sta accadendo su Raitre. Da sempre rete di riferimento della sinistra, molti dei suoi “protagonisti” non hanno preso bene la vittoria del centrodestra alle politiche di settembre, cosicché è bastata una piccola fiammella per appiccare l’incendio.
Tutto ha inizio quando Fabio Fazio, dopo quarant’anni di onorato servizio, ha annunciato il suo addio alla Rai per traslocare su Discovery. Da qui in avanti è partito il corto circuito che ha sin da subito visto protagonisti prima lo storico braccio destro del conduttore genovese, Luciana Littizzetto, anche lei in procinto di sbarcare sul pianeta Nove, e poi in rapida successione Lucia Annunziata e Roberto Saviano. Praticamente il gotha del “politicamente (s)corretto” al servizio permanente della sinistra. La valanga sembra non arrestarsi e difatti, voci di corridoio dei sempre bene informati, vorrebbero anche Massimo Gramellini e Corrado Augias sull’uscio di Viale Mazzini, anche in questo caso per una loro personale e libera decisione.
Ma le vicende, per quanto legate tra loro dal filo rosso dell’ideologia marxista con annesse ville a Capalbio, hanno poco in comune. Infatti, mentre mister “Che tempo che fa” e la sua vestale erano in scadenza di contratto (oltre che già in accordo di trasloco), alla padrona di casa di “In mezz’ora” era stata comunicata la conferma della sua striscia domenicale, senza paletti o veti. Libertà totale, come sempre. Stessa cosa, più o meno, col papà di Gomorra. Rassicurazioni evidentemente poco rassicuranti per i nostri eroi, da sempre dediti al mos maiorum in salsa rossa da interpretare alla lettera come il Vangelo secondo Pd. Talmente dediti e devoti col finire per chiedersi chi realmente sia stato il loro datore di lavoro, chi hanno rappresentato in tutti questi anni.
Ma contrariamente alla tragedia in epoca romana, qui manca il Censore. Manca il bavaglio, manca il “reo”. Probabilmente manca anche la più elementare forma deontologica che un professionista dell’informazione dovrebbe avere in ogni circostanza, sempre. Probabilmente si è creduto che la terza rete della Rai (pagata con i soldi di tutti gli italiani) fosse affare loro, in esclusiva, come una finale di Champions League. Un diritto acquisito per statuto dove poter fare il bello ed il cattivo tempo insomma: “che tempo che fa”.
Nonostante un quadro chiaro, e dai contorni ben definiti, tutti i protagonisti stanno giocando a fare i martiri di Belfiore, le vittime designate di un piano orchestrato per tarpare le ali dell’informazione ai paladini della libertà d’espressione.
Ma sarà davvero così? No, soprattutto sentendo parecchie ed autorevoli voci di sinistra. Una levata di scudi importante, ed anche per certi versi inattesa, che certifica l’assoluta mancanza di qualsiasi disegno criminale volto a colpire il dissenso da parte dell’attuale Governo. Un duro colpo alla gioiosa macchina del mainstream travestita da maggiolino tutto matto che, non a caso, correva con il numero 53 che nella Smorfia napoletana significa vecchio.